Due anni e sei mesi di reclusione a Umberto Bossi, l’ex leader della Lega Nord, e quattro anni e dieci mesi a Francesco Belsito, l’ex tesoriere, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni: è questa la condanna che è stata inflitta dal Tribunale di Genova per truffa ai danni dello Stato agli ex maggiorenti della Lega Nord.
La Lega Nord, dice la sentenza, avrebbe usato 48 milioni di euro di finanziamento pubblico ai partiti per uso personali. 48 milioni di euro, finanziamento pubblico ai partiti: questi che erano nati sull’onda delle monetine contro Craxi e che avrebbero dovuto moralizzare l’Italia sono andati a Roma (padrona, come dicono loro) e hanno cominciato a mangiare come porci.
Attenti: questo processo non c’entra nulla con quello della famiglia Bossi. Qui ci sono dentro anche i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (condannati a due anni e otto mesi l’uno, e due anni e otto mesi e un anno e nove mesi l’altro) e i due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (cinque anni ciascuno). Tutti sono accusati di truffa.
I soldi, dice la sentenza, sarebbero stati portati anche a Cipro e in Tanzania. Riciclati. Ovviamente. E Salvini? Sulla sua bacheca di Facebook (sembra uno scherzo, ma è così) se la prende con un immigrato da rispedire in Guinea (per presunti atti di autoerotismo, una di quelle notizie che poi si rivelano false nove volte su dieci), si immola per salvare Giletti dalla cacciata dalla Rai, dice al rapper Tommy Kuti che «la cittadinanza non si regala, si conquista» in merito allo ius soli, e promette di RIPULIRE l’Italia.
Sul suo partito ladro, nulla. Nulla. Nemmeno sui 48 milioni che la Lega (eh, sì, udite bene, la Lega) deve restituire alla Camera e al Senato. Perché gli avvoltoi sono così: fanno i forti con i deboli ma poi balbettano se si tratta degli affari di famiglia. Già.
Buon martedì.