A leggere certi giornali italiani parrebbe che il reato di violenza sessuale sia stato introdotto di recente nel codice penale. Quasi in concomitanza con il fenomeno migratorio. Come a ribadire stoicamente che la pratica dello stupro appartiene (storicamente) a tutti gli invasori. Anzi, addirittura, sembrerebbe che “i nuovi barbari siano peggiori di quelli del ‘43/’45, oggi come allora fiancheggiati dai traditori della Patria”.
Tanto da stimolare anacronistici rigurgiti fascisti, risalenti all’epoca della Repubblica Sociale Italiana e riadattabili all’uopo. Campeggia (in rete, con più di diecimila like, undici mila condivisioni e quasi mille e cinquecento commenti a due giorni dalla pubblicazione) un manifesto di Forza Nuova che rielabora la propaganda razzista del periodo: “Difendila dai nuovi invasori, potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia” è scritto nel titolo. Perché «gli stupri, si sa, sono il barbaro e infame corollario di ogni guerra di conquista. Le violenze contro le donne dell’epoca del manifesto a cui ci siamo ispirati (Forza Nuova, ndr), furono contestualizzate all’interno della sconfitta che chiamarono ‘liberazione’, quelle di questi anni e di questi giorni le occultano spudoratamente, tacendo il fatto che sono state attuate da nuovi invasori a cui paghiamo vitto, alloggio, bollette, schede telefoniche, cellulari e sigarette».
Criminalizzare intere nazionalità assicura un cortocircuito pericoloso che, nell’opinione pubblica, si traduce in un’equazione alquanto becera, anziché no, violenta, corrispondente a immigrato uguale stupratore. Che, oltretutto, è falsa. E non solo perché la responsabilità penale è personale. Stando a un dossier elaborato dall’istituto di ricerche Demoskopika, il numero di stranieri denunciati o arrestati per stupro è più basso dei toni farciti d’odio: negli anni che vanno dal 2010 al 2014, il 61 per cento delle violenze sessuali è stato compiuto da italiani contro il 39 per cento degli stranieri. Una ulteriore conferma viene da una recente nota del Viminale secondo cui i crimini contro le donne perpetrati da italiani sono aumentati passando da 1474 del 2015 a 1534 del 2016, mentre quelli di cui sono responsabili persone straniere oltre a essere diminuiti sono anche numericamente inferiori (904). In soldoni, in sei casi su dieci, il colpevole è italiano. Ma fin qui il cortocircuito non è del tutto scongiurato.
Perché si potrebbe obiettare che la popolazione di stranieri residenti in percentuale è di molto inferiore al 39 per cento (circa 11%), e quindi i dati confermerebbero la validità dell’equazione. Ma è sufficiente scorporare le percentuali in base alla nazionalità per riportare tutto nei binari della realtà e della correttezza. Dopo quel 61% di italiani, denunce e arresti hanno riguardato romeni (8,6), marocchini (6), albanesi (1,9) e tunisini (1,3%). Ripensiamo per un attimo al manifesto di Forza Nuova e all’“invasione” di immigrati propagandata non solo dai partiti di destra. Anche il governo parla in continuazione di invasione (dai luoghi di guerra del Medio Oriente e dall’Africa sub sahariana) per giustificare il Codice Minniti anti Ong e gli accordi con il governo libico. Ebbene in questa “speciale” classifica la nazionalità non coincide con nessuno dei Paesi da cui partirebbero i presunti invasori. Infine un ultimo elemento ma non per questo meno importante.
È cosa nota che differenza di altri reati le denunce per stupro sono solo una piccola percentuale di quelle compiute. La violenza sulle donne è un fenomeno in gran parte ancora sommerso. Come nel caso della pedofilia, moltissimi stupri avvengono in famiglia per opera del partner o di una persona conosciuta (spesso l’ex marito o fidanzato). Questo rende difficilissimo per la persona violentata trovare la forza di denunciare. Ovviamente la difficoltà vale sia in contesto “italiano” sia in un contesto non italiano. Ma, vale la pena riportare una dichiarazione di Lella Palladino dell’associazione “Donne in Rete contro la violenza”, a cui aderiscono 80 centri antiviolenza in tutta Italia. La quale intervistata da Repubblica ha detto: «Attenti al sommerso, cioè alle violenze tra le mura di casa, che arrivano raramente a livello di denuncia. Tra le donne che si rivolgono ai nostri centri, gli episodi di violenza domestica si rivelano infatti nell’80% dei casi anche episodi di violenza sessuale. E qui parliamo di situazioni in cui vittime e stupratori sono in stragrande maggioranza italiani».
Non fare i conti con le statistiche esistenti e con le storie personali degli immigrati – alle quali, peraltro, è destinato solo il 3 per cento dei servizi giornalistici italiani, interpellandoli, per giunta, soltanto nelle cornici di degrado, stigmatizzati in gruppi massificanti, senza facce, interscambiabili fra di loro e, perciò, senza identità – (dis)orienta verso una figura stereotipata dell’immigrato, estraneo, non conosciuto, che violenta la donna italiana. Senza considerare che ogni accentuazione veemente e bolsa della nazionalità di un colpevole – così come di quella della vittima – è, quantomeno, strumentale. Perché non fa altro che alimentare l’orientamento razzista travisando che, certamente, non aggiunge maggiore rilevanza al reato né maggiore responsabilità al criminale.
E dimenticando che fino a quando l’orrore e l’indignazione dipenderanno dalla cittadinanza dell’autore, allo stupro non sarà mai imputata la giusta gravità.