Quelli dei comitati Lip ci riprovano. Dopo essere stati lo “zoccolo duro” del vasto movimento di insegnanti, associazioni e comitati che nel 2015 aveva cercato di contrastare – senza essere minimamente ascoltati – il passaggio parlamentare della Buona scuola, adesso passano al piano b. I comitati che avevano presentato alcuni anni fa una legge di iniziativa popolare per la scuola della Costituzione, hanno rielaborato un nuovo testo di legge e oggi, 8 settembre, alle ore 11 viene depositato in Cassazione. Fallita la raccolta di firme per i referendum abrogativi della legge 107, adesso si tenta la carta della legge di iniziativa popolare.
A partire dalla fine di settembre inizierà una campagna per illustrare il nuovo testo e raccogliere i fondi per l’autofinanziamento delle iniziative. Non ci sono partiti dietro, i promotori sono, come si legge nel sito, «genitori, insegnanti, studenti e cittadini che hanno elaborato la legge d’iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica, che hanno raccolto le firme per proporre la legge al parlamento o semplicemente che ne hanno condiviso l’idea di scuola, i suoi principi fondanti». La raccolta di firme dovrebbe partire all’inizio del 2018.
Ma cosa c’è scritto nel testo rielaborato? Intanto sono norme generali della pubblica istruzione per la scuola di base (dal nido alla scuola media di primo grado) e per la scuola secondaria di secondo grado. Nel testo vengono definiti i livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d’infanzia, quantomai necessari, vista la situazione a macchia di leopardo con evidenti disuguaglianze da Nord a Sud della penisola (dove peraltro esiste una cronica assenza). Nel testo della Lip infine c’è anche la delega per il riordino degli organi collegiale centrale, periferici e d’istituto. Insomma, una ventata di collegialità dopo la sterzata verticistica della legge 107.
Basta vedere i principi della Lip per notare il legame con la Costituzione. Il sistema educativo della pubblica istruzione, si legge, si ispira a principi di pluralismo, laicità, democrazia e inclusione.
Il sistema scolastico «è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana» secondo i principi della Costituzione, della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. Se si scorre il testo, le finalità generali, notiamo subito l’acquisizione consapevole di saperi (conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti e pratiche di relazione), visti come aspetti del processo di crescita e di apprendimento permanente, con un’attenzione costante all’interazione ed all’educazione interculturale.
Si parla di libertà d’insegnamento e della progettualità collegiale, con la pratica scolastica che si avvale di lezioni frontali in alternanza con attività laboratoriali, momenti ludico-educativi, lavoro individuale e cooperativo, scambi culturali con altri istituti e con scuole di altri Paesi, oltre a interventi aperti al territorio.
Leggiamo poi le poche frasi del Diritto all’istruzione e notiamo l’abisso rispetto alla scuola di adesso. Si prevede la spesa per l’istruzione pubblica del 6% del Pil (adesso è il 4), nessun finanziamento statale per le scuole private, corsi per l’Educazione degli adulti, il grande tassello mancante, cioè l’istruzione permanente che Tullio De Mauro chiedeva sempre, gratuità dei libri di testo e del trasporto scolastico per le scuole dell’obbligo e accesso ai saperi gratuito.
L’articolo 8 è quello che riguarda la laicità del sistema educativo e vale la pena pubblicarlo integrale: «È garantito nell’intero percorso scolastico il rispetto della libertà religiosa e di pensiero.
L’insegnamento della religione cattolica, garantito a chi ne faccia richiesta ai sensi dell’articolo 9 del Concordato e dei successivi provvedimenti attuativi, è collocato in orario extracurricolare.
Cerimonie religiose e atti di culto non hanno luogo nei locali scolastici, né in orario scolastico».
Aggiornamento di venerdì 8 settembre alle ore 13:35