Le foto sono di quelle in bianco e nero, scattate dall’alto, con il mirino al centro dell’inquadratura. Sono queste le prove “inconfutabili” dell’appoggio dell’esercito Usa alle truppe dello Stato Islamico, lo dice il ministero della Difesa russo e pubblica tutto su Twitter, con un messaggio chiaro: “L’America supporta l’Isis, l’America usa l’Isis per favorire i suoi interessi in Medio Oriente”.
Gli Usa supportano lo Stato Islamico, dice la conduttrice della tv Russia 24 a tutti i cittadini russi, da Mosca a Vladivostock: «A confermarlo ci sono queste immagini dei droni russi, che risalgono al 9 novembre». Circa un’ora dopo, la Russia e il mondo intero si stanno chiedendo come le immagini del video game “C-130 Gunship Simulator: Special Ops Squadron” siano finite su un account governativo. È colpa di un impiegato della agenzia Tass, che ha erroneamente associato la foto sbagliata alla dichiarazione. O, almeno, questa è la versione ufficiale del Cremlino.
Ma se la foto-prova è falsa, la notizia non lo è, nel teatro di battaglia, dove gli interessi dei maggiori gruppi militari del Medio oriente sono in gioco. Nel falso c’è del vero, nelle fake news si nasconde questa volta una parte di verità. Il 9 novembre scorso, effettivamente le forze Usa non solo non hanno attaccato i miliziani dello Stato islamico che abbandonavano la città di Abu Kamal l’ultima loro roccaforte in Siria ma al contrario ne avrebbero facilitato la fuga e avrebbero reso difficili le manovre aeree dei soldati della Federazione russa. Per permettere agli uomini del Califfato di riorganizzarsi, redistribuirsi e scappare, o perché pensavano che in questo modo si sarebbero arresi? Fatto sta che una didascalia delle foto in bianco e nero diffuse dal ministero russo indica dei «convogli dello Stato islamico che si dirigono verso il confine iracheno-siriano».
In ogni caso, Abu Kamal, è stata riconquistata dall’esercito di Assad e da quello di Putin. Ma la guerra non è ancora finita. Nella cittadina ribelle di Atareb, nella provincia di Aleppo, un raid aereo sulla piazza del mercato ha ucciso 53 persone. Tra le vittime, numerosi i bambini.
Questa non è la prima volta che i russi accusano gli americani di supportare il Daesh. Quando è morto il tenente russo Valery Asapov a Deir Ezzor, il Cremlino ha dichiarato che è stato «il prezzo di sangue pagato per l’ipocrisia americana». E ancora, è stata la Bbc a scoprire l’accordo segreto che ha permesso a centinaia di terroristi dell’Isis di abbandonare Raqqa, sotto gli occhi delle truppe Usa, della coalizione britannica e dei curdi, circa un mese fa. Nel convoglio che ha lasciato la città assediata c’erano alcuni dei volti più noti dello Stato Islamico e molti foreign fighters. Alcuni si sono nascosti in Siria, altri si sono diretti verso la Turchia.
Infine non è nemmeno la prima volta che un video game mediorientale diventa un’arma di propaganda dell’infinita guerra siriana. È stata Mosca stessa, la prima ad accusare l’Ovest di screditarla con foto prese dai videogiochi: nel 2014 il ministro degli Esteri Lavrov ha detto che le immagini usate dalla NATO per dimostrare la presenza delle truppe russe in Ucraina dell’est non provenivano da un satellite, ma “da un gioco per computer”. Che le immagini possano mentire, in streaming e a milioni di persone contemporaneamente, l’ha dimostrato anche l’ultimo lavoro di Oliver Stone. Mentre il presidente russo concede un’intervista al regista e parla delle ultime operazioni dei russi in Siria, mostra dei filmati che però appartengono al ministero della Difesa americana: quelli non sono i suoi militari nella terra di Assad nel 2017, ma sono elicotteri a stelle e strisce che attaccano i talebani in Afghanistan nel 2009.