Finiti gli incentivi alle imprese sono aumentati i contratti precari, per pochi mesi e senza tutele. Tanta enfasi sui posti di lavoro ma in realtà le ore effettive di occupazione sono precipitate. E in più le norme renziane hanno stravolto il settore produttivo, con lo spostamento dall’industria al terziario, con scarso valore aggiunto

Il 4 marzo è alle porte. Poco più di un mese e la campagna elettorale lascerà il posto ad un Parlamento rinnovato nella composizione politica, senza probabilmente maggioranze certe e con una sensazione di déjà vu che comincia a maturare nel corpo vivo dei cittadini italiani. Chiuso l’affaire candidature con annesse polemiche e colpi di scena, Renzi e il gruppo di fedelissimi, si presentano agli elettori portando in dote il magro bottino di questi anni di riforme. Dalla Buona scuola alla pessima riforma della Costituzione, bocciata dagli elettori, sino allo Sblocca Italia, la distanza tra la narrazione del leader di Rignano e il Paese si è allargata vistosamente.
Il punto più dolente dell’azione di governo rimane la riforma del lavoro, meglio nota come Jobs act. Presentata con enfasi, come preludio del cambiamento promesso, chiave di volta di una modernizzazione che avrebbe trascinato l’Italia fuori dalle macerie della lunga crisi, iniziata nel biennio 2007/2008, il Jobs act non ha mantenuto nessuna delle sue promesse.

I dati confermano la sensazione che si sia trattata di una massiccia operazione di precarizzazione del lavoro, volta ad indebolire il potere e i diritti dei lavoratori a fronte di un rafforzamento della libertà di licenziamento delle imprese. La caduta vertiginosa dei contratti a tempo indeterminato dalla metà del 2016 sino a tutto il 2017 e il saldo negativo tra contratti attivati e quelli cessati nello scorso anno che tocca quota -350 mila (fonte Inps), confermano quanto la crescita del lavoro fosse fortemente collegata alle robuste decontribuzioni alle imprese. Appena gli incentivi fiscali per le assunzioni sono diminuiti, di quasi un terzo a partire dal 2016, a crescere sono stati solamente i rapporti di lavoro temporanei, quelli precari, spesso privi delle tutele standard (ferie, malattia, tredicesima).

Nell’alveo dei contratti precari crescono vistosamente i contratti di lavoro in somministrazione e i contratti a chiamata. I primi aumentano del 20 per cento nel 2017, i secondi sono cresciuti di circa il 119 per cento solo lo scorso anno. La crescita di questi due rapporti di lavoro impone…

L’articolo di Simone Fana prosegue su Left in edicola


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