«Ringrazio Dio ogni giorno per avermi fatto fascista», ha scritto una maestra di Rivarossa che insegnava in alcune scuole elementari del Cavanese, in Piemonte. Si chiama Alessandra Pettorusso ed era in servizio l’anno scorso presso la direzione didattica di Castellamonte quando è stata segnalata alla Polizia postale e all’Ufficio scolastico regionale. Aveva il contratto in scadenza e il suo contratto si è concluso con la fine dell’anno scolastico, ha spiegato il dirigente scolastico. Lei si è difesa dicendo che era solo «una ricerca sociologica». Già.
Poi c’è Manfredo Bianchi, che ha pensato bene di portare la bandiera di Salò in cima al monte Sagro, sulle Alpi apuane, e condividere la foto su Facebook, ovviamente insegnante: «Se tutti i fascisti e gli antifascisti fossero stati come lui, allora l’Italia sarebbe un posto migliore» ha detto di lui il consigliere di centrodestra di Carrara.
Oppure c’è Marco Ricchi, che nel suo profilo Facebook (aperto e pubblico) sei mesi fa salutava i suoi studenti dell’Itis Galilei di Arezzo: «Una scuola fantastica della quale porterò sempre un bellissimo ricordo. Ed un bellissimo ricordo saranno tutte le meravigliose ragazze e i meravigliosi ragazzi con cui ho lavorato o che semplicemente ho avuto il piacere e lonore (scritto così, nda) di conoscere», scrive. Peccato scriva cose come:
«Se fossimo nello stato confederato dell’Alabama, quei negri, nel giro di qualche mese, friggerebbero sulla sedia elettrica……..»;
«Si parla di immigrazione all’infinito senza trovare una soluzione ragionevole, per noi e per loro. E invece è tanto semplice risolvere la questione» (aggiungendo la canzone “Faccetta nera”);
Mostra fiero il proprio tatuaggio fascista scrivendo: «Cosa mi succederà onorevole Fiano: il carcere a vita o l’amputazione del braccio?!»;
inneggia al Ku klux klan e via così. Sotto i suoi post ogni tanto qualche suo studente commenta: «Grande prof!»
Ce ne sono decine. Centinaia. Vi do una notizia: gli odiatori seriali di cui sentite tanto parlare in giro stanno sui social ma hanno una vita vera, un lavoro e spesso sono dipendenti pubblici. Eppure sembra d’improvviso che l’unica insegnante di cui parlare sia Lavinia Flavia Cassaro (che secondo la ricostruzione de La Stampa e i video che circolano avrebbe offeso le forze dell’ordine) come se fosse il capro espiatorio di tutti i mali. E, attenzione, qui non si tratta di difendere nessuno, ma di chiedere uguaglianza di trattamento (giornalistico e giudiziario) per tutti. Perché il giochetto di rendere un fatto particolare sintomo generale è un trucchetto infingardo, vigliacco e tipico della propaganda fascista (eccola qui).
Poi, magari, un giorno, la smettiamo di fare politica sfogliando le pagine di cronaca provando a fare altro che appiattirsi subalterni alla narrazione fallace. Magari con uno sguardo ampio. Magari.
Buon venerdì.