Il fascismo esiste ancora? Oppure è un fenomeno da ascrivere solo ad un ben determinato periodo storico, che è ormai passato, morto e sepolto? Anche se in Italia il dibattito si accende solo in periodo elettorale, le scienze sociali, soprattutto all’estero, hanno sviluppato da diversi anni un’accesa discussione sul tema. Diciamo subito che gli studi sul fascismo, oltre ad essere difficili da realizzare, a causa della rilevanza del tema e delle sue numerose ripercussioni dal punto di vista politico e sociale, sono impegnativi anche per alcune ragioni che potremmo dire “metodologiche”, in quanto legate alla definizione stessa del fenomeno.
Fino a quando infatti non si definisce un fenomeno, non si può individuarlo, analizzarlo, né – ovviamente – si può dire se esiste o meno. I problemi legati alla definizione di fascismo sono principalmente due: il primo è che non esiste una teoria del fascismo (come invece accade per altre dottrine politiche), il secondo è che il fascismo ha una sua caratteristica intrinseca, il sincretismo: mescola insieme culture tra di loro molto diverse, spesso in apparente contraddizione reciproca. Ad esempio, nazionalismo e socialismo, populismo ed elitismo, anti-capitalismo e anti-socialismo: sono tutti oggetti culturali molto diversi tra loro che, però, nel totalitarismo tedesco e in quello italiano trovavano originali forme di sintesi. Il sincretismo rende il fascismo difficilmente decifrabile in modo preciso e univoco attraverso l’osservazione empirica.
Ad ogni modo, in termini molto generali, possiamo distinguere oggi almeno due tipi di fascismo: uno storico, esplicito, spesso “orgoglioso” e (almeno per la legge formale italiana) criminale e un altro fascismo che potremmo definire quasi “antropologico/psicologico” legato ad un modo di pensare e di vedere il mondo. Il primo viene studiato considerandolo un fenomeno legato principalmente o esclusivamente ad un ben determinato periodo storico (il Ventennio, parlando dell’Italia). E, con riferimento ai giorni nostri, riguarda…
Charlie Barnao è docente di Sociologia all’università Magna Grecia di Catanzaro. Il suo articolo prosegue su Left n. 17, in edicola dal 27 aprile 2018