Il commento di Claudio Riccio è tratto da Left n. 23 dell'8 giugno 2018
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Come ci si oppone a un governo reazionario? Come si fa opposizione a un pessimo governo che ha il sostegno delle fasce popolari dopo anni di pessimi governi che le hanno massacrate? Non è, e non sarà semplice, ma è necessario. Serve organizzarsi e serve un piano di battaglia. Chi ritiene che M5s e Lega si logoreranno rapidamente alla prova del governo si sbaglia.
Dopo anni di macelleria sociale una qualunque misura capace alleviare le sofferenze, presa singolarmente, verrà salutata con favore, anche se carica di contraddizioni, anche se la flat tax vedesse un contemporaneo aumento dell’Iva con i più poveri che regalano miliardi ai più ricchi, davanti a misure necessarie come la cosiddetta quota cento il consenso verrebbe salvaguardato. Lo streaming era il simbolo della trasparenza, le riunioni dovevano essere visibili a tutti.
Ora lo streaming è il canale mediante cui viene messo costantemente in scena lo spettacolo del governo. Di Maio annuncia provvedimenti in diretta Facebook, Salvini seguirà gli sgomberi delle case occupate o i rimpatri dei migranti dirigendo la repressione in diretta, con i poveracci che fanno da scenografia. Sarà il governo dello spettacolo e noi rischiamo di confondere l’opposizione attiva con il commento da spettatori inseguendo la sparata del giorno, incapaci di dettare un’agenda. Per evitare di rincorrere quella degli altri serve averne una.
La sinistra, come dimostrano i deboli programmi delle scorse elezioni, non ne ha una chiara ed efficace. Prima ancora di discutere di soggetti e nuovi partiti servirebbe un programma radicale e di rottura intorno a cui organizzare la mobilitazione. Si può decidere di puntare a consolidare e consolare il poco elettorato di centrosinistra (spesso confinato nel centro delle città e con redditi medio alti) oppure scegliere di contendere il consenso popolare direttamente alla coalizione di governo.
Perseguire il secondo obiettivo è necessario per evitare un ulteriore scivolamento a destra del Paese a favore di Salvini, che ha il vento in poppa nello scontro interno con M5s. Se si vuole cambiare il quadro politico non basta giocare sulle contraddizioni politiciste tra i due partiti e i loro leader, occorre spaccare il blocco sociale che li sostiene, serve dividere il giovane disoccupato che spera nel reddito di cittadinanza dall’imprenditore che vuole meno diritti per i lavoratori e meno tasse per sé. M5s e Lega sono “partiti” interclassisti e di conseguenza, come chiunque tenga insieme gli interessi degli sfruttati e sfruttatori, dei ricchi e dei poveri, questi soggetti finiscono per fare gli interessi della classe dominante.
La linea di frattura è il conflitto distributivo. Per il contratto di governo “la flat tax è la parola chiave”? Per noi deve essere la redistribuzione della ricchezza e del tempo di lavoro, schierandosi nettamente dalla parte dei molti e non dei pochi. Per farlo in modo credibile non ci si può confondere con i difensori delle élite. Lo spazio dell’opposizione rischia di essere monopolizzato dalle forze che hanno governato in questi anni mettendo in campo politiche economiche e sociali contro i più deboli e oggi sono impegnate a deridere l’avversario e difendere l’esistente, la stabilità, l’equilibrio dei conti e la necessità di sacrifici.
Siamo dentro una democrazia fortemente agonistica. Non si potrà fare opposizione alle politiche sul lavoro stando a fianco a chi difende il Jobs act, non si può dare battaglia contro le politiche razziste e sicuritarie insieme a Minniti & co., non si potrà fare opposizione alle politiche economiche del governo sostenendo il rigore dei conti pubblici e i trattati europei, non si può sbarrare la strada alle forze di governo stando con chi ha spalancato quella strada.
Se si prende atto di ciò, non ci si può che impegnare per cambiare il senso comune e per un profondo rinnovamento dell’alternativa, per costruire una proposta politica ed elettorale credibile, un fronte popolare in grado di presentarsi alle elezioni europee con una lista e un simbolo che possa iniziare un cammino con continuità, in modo da conquistare quel consenso necessario a trasformare davvero la società italiana, oltre lo spettacolo cui stiamo assistendo da troppo tempo afoni.