«Prima delle elezioni politiche la campagna Stop Ceta italiana ha fatto un’intensa attività di pressione sui candidati, sottoponendo loro un decalogo da sottoscrivere. Tutti i candidati delle formazioni politiche che compongono l’attuale governo lo hanno sottoscritto. Gli impegni elettorali vanno ora trasformati in fatti, in una bocciatura del Ceta», ribadisce Maude Barlow, di fronte alla platea attenta del Cinema Palazzo, a Roma.
Barlow – presidentessa del Council of canadians, organizzazione ambientalista che si batte per il diritto all’acqua, al cibo e per la giustizia commerciale, in prima linea contro i trattati di libero scambio Ceta e Nafra – è stata ospite in Italia del Forum dei movimenti per l’acqua e della Campagna Stop Ttip/Ceta, e ha dato spunti preziosi alla platea su come condurre le queste battaglie. Se possiamo parlare dell’acqua come di un diritto umano universalmente riconosciuto dalle Nazioni unite dal luglio del 2010, è proprio grazie all’attivismo tenace della Barlow che, al tempo, era relatrice speciale all’Onu e che é il volto, le gambe, la voce, il cuore e la forza della battaglia mondiale per l’acqua pubblica.
Ora però, l’accordo commerciale Ceta tra Unione europea e Canada rischia di farci fare numerosi passi indietro. «Il Ceta è un grosso pericolo per l’acqua, intesa come la considera la risoluzione Onu. Perché per il Ceta l’acqua è un bene commerciale, e come tale va considerata sia nel suo trattamento che nell’applicazione delle misure arbitrali», spiga Barlow. Anche il Parlamento europeo ha approvato, nel settembre del 2015, una risoluzione sul diritto all’acqua. Il testo votato a Bruxelles invitava a proporre iniziative legislative che sanciscano il diritto umano all’acqua, tra cui una revisione della direttiva quadro, e chiedeva di contrastare la privatizzazione dei servizi idrici e di escluderli dai negoziati sul Ttip, l’accordo di libero scambio fra Stati Uniti e Unione Europea all’epoca in discussione (poi fallito definitivamente, ndr).
Sul Ceta, però, l’Europa ha avuto memoria corta. Perché l’accordo, approvato dal Parlamento Ue in sessione plenaria a Strasburgo nel febbraio 2017, renderebbe difficilissima la ripubblicizzazione del servizio idrico una volta privatizzato, soprattutto in regime di meccanismo privato di arbitrato delle controversie. Anche il meccanismo modificato di arbitrato, la cosiddetta Corte multilaterale per gli investimenti (Isds), non sfugge alle critiche di Barlow, che ricorda che la stessa negoziatrice canadese per il Ceta ammise – sia in fase negoziale che dopo – che il meccanismo Isds poneva gli interessi delle multinazionali sopra quelli dei cittadini e nazionali.
Sono tecnicismi aridi? No, sono armi affilate per combattere, sono parole di conforto e sprone dalla viva voce di chi le usa da anni, da un Premio Nobel alternativo, da una speciale rapporteur, da una donna, da una di noi. Parole importanti, ora più che mai, visti i numerosi dietrofront del Movimento 5 stelle rispetto alle promesse lanciate in campagna elettorale, dall’Ilva alla Tap.
«La battaglia per l’acqua – torna a dire Barlow – è anche battaglia per il cibo. Dentro i prodotti che commerciamo ci sono riserve idriche virtuali, nella carne, nei vegetali, addirittura nei computer. Si tratta di una sottrazione continua delle riserve idriche nazionali che impoverisce i Paesi». Durante l’incontro, sul tavolo, c’è una bottiglia d’acqua, probabile gentilezza di chi non sapeva che relatrice quel tavolo aspettasse; un attivista la toglie, la Barlow ride, fa il segno del pollice alzato, il pubblico la applaude, Roma la accoglie grata.
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Elena Mazzoni è Responsabile nazionale ambiente del Partito della Rifondazione comunista – Sinistra europea. Fa parte del coordinamento della Campagna StopCeta – StopTtip Italia