Verrebbe voglia di fondare il Partito per la Tutela Delle Differenze. Sembrava impossibile arrivare a questo punto, doverlo rimarcare, addirittura scriverne un articolo, eppure in questo tempo in cui il dibattito politico è diventato un mero scovare contraddizioni da tutte le parti (non che sia un male sottolinearle ma è davvero poca cosa se rimane l’unica azione di critica) conviene ripassare i principi fondamentali di una normale convivenza sociale, con tutte le differenze annesse.
Primo: se si critica il governo non si è “del Pd” e se si critica il Pd non si è “grillini”. Spiace per chi riesce a vivere con la leggerezza di un mondo che si possa facilmente dividere per due ma vi si può criticare entrambi (vi si deve criticare entrambi, per funzione del giornalismo) senza nessuna di quelle contraddizioni che voi vedete dappertutto. La vita (e la politica) non è un derby, non è un noi contro di voi e, vi svelo un segreto, i governi cambiano perché (per fortuna) i voti si spostano. Per dirla semplice semplice: c’è qualcuno che si è autoproclamato capitano di una squadra che non esiste. Una politica in cui qualcuno ha ragione e chi non è d’accordo è un nemico o un eversore c’è già stata: il fascismo.
Secondo: i parlamentari (per fortuna) non sono soldatini di stagno. Mangiano, bevono, dormono, ridono, camminano, hanno mani prensili e addirittura pensano: i padri costituenti hanno pensato al Parlamento proprio per questo, per rappresentare le diversità di giudizio, di sensibilità e di pensiero. Altrimenti avrebbero pensato a un’incoronazione, mica a una repubblica parlamentare. Che vi siano senatori del Movimento 5 Stelle che non hanno nessuna intenzione di votare il decreto sicurezza così come partorito dalla mente di Salvini è il naturale risultato di un partito che (piaccia o no) rappresenta sensibilità differenti. Governare un Paese significa governare la complessità. A partire da quelle del proprio partito. Vale anche per quelli che hanno perso, sia chiaro. Poi ognuno è libero di usare l’arma del voto di fiducia, esattamente come quelli che criticava. Ci hanno già provato a blindare il Parlamento ma non gli è andata bene: era fascismo.
Terzo: il dibattito politico (come tutti i dibattiti, partendo da quelli in famiglia durante la cena) è un dibattito quando è fatto di critica e autocritica, di spiegazioni e di ascolto. Altrimenti è zuffa, è un giochetto retorico in cerca di consenso. Provare a raccontare che il governo abbia sempre ragione e il suo contrario (che solo l’opposizione abbia sempre ragione) interessa ai tifosi, non ai cittadini. A meno che non si voglia istituire un Pensiero Unico Obbligatorio di Cittadinanza, come nel fascismo.
Per finire: il fascismo invece non è un’opinione. È un crimine. Avere una classe dirigente (vale per chi governa ma vale anche per chi vorrebbe governare al prossimo giro) in grado di muoversi nel terreno democratico è il prerequisito minimo richiesto. Ce la fate?
Buon mercoledì.