«I militari cosa dicono?» «Mentono. Mentono come respirano. Con la scusa del segreto militare e della sicurezza nazionale negano perfino l’evidenza e trovano sempre qualcuno pronto a sostenere le loro menzogne». Massimo Carlotto – il dialogo è tratto da Perdas de Fogu (Edizioni e/o, 2008) – dice spesso che il noir è un modo di fare inchiesta. Capo Teulada, fino ad allora, era nota per il fermo di guerra alle marinerie del Sulcis e i sequestri di greggi. Per tenere a bada i pastori fu eretto un muro abusivo che si coprì di scritte: «Benvenuti a Uraniopoli». Il sindaco, primario al reparto di oncologia, e suo fratello, medico di base, incrociarono i dati e non sfuggì loro l’orrore dell’uranio impoverito (Du, depleted uranium). Dieci anni dopo, la relazione finale della IV inchiesta parlamentare, approvata il 7 febbraio 2018, non è un noir ma anche qui spicca il «negazionismo dei vertici militari» (che infatti «respingono con decisione» le conclusioni dell’inchiesta), il «costante atteggiamento dei vertici inteso a fornire una visione esasperatamente ottimistica del mondo militare della sicurezza». È una menzogna anche mimetizzare la guerra sotto formule tranquillizzanti. «Forse per questo non si potevano mostrare i soldati bardati, la gente si sarebbe chiesta il perché di simili protezioni in una missione di pace», osserva Domenico Leggiero, dell’Osservatorio militare, centro studi indipendente che l’8 maggio annuncerà «una clamorosa novità». Un anno dopo, però, nessun provvedimento ha dato seguito a quelle conclusioni. «Ho fatto due missioni in Afghanistan e mi sono ammalato al rientro. Non ho mai saputo della pericolosità…. Quando chiedevamo spiegazioni ai nostri superiori ci veniva detto che erano sciocchezze inventate per andare contro il governo, i militari e gli americani… In tutte le “note di linguaggio” suggerivano di non parlare o di dare notizie obiettivamente false». Il caporalmaggiore Antonio Attianese dichiarò questo alla Commissione a marzo 2017, poco prima di morire. Le “note di linguaggio” sono gli «elementi per la comunicazione» emanati dal Gabinetto del ministro. Al punto 4 si impara che alla domanda: “Quali sono le misure di sicurezza adottate dai soldati italiani?” bisogna rispondere: «Tutto il personale inviato in missione è regolarmente dotato del vestiario e dell’equipaggiamento individuale protettivo previsto per l’impiego in operazioni all’estero. Inoltre, con particolare riferimento al teatro operativo kosovaro, in merito alla presenza dell’uranio impoverito, ad ogni militare viene consegnato un decalogo comportamentale». E la sesta risposta è apodittica: «Non risulta essere di….
Le chiamano missioni di pace ma l’Italia è in guerra in barba alla Costituzione. Il bollettino dell’uranio impoverito utilizzato anche nei poligoni nazionali, parla chiaro. In vent'anni, 7.500 militari malati, 366 morti, 119 sentenze di condanna e 352 cause. Ma l’ordine è di negare tutto
L’inchiesta di Checchino Antonini prosegue su Left in edicola dal 3 maggio 2019