Da qualche anno, la voce potente di Veronica Lucchesi dà vita, insieme al chitarrista Dario Mangiaracina, al gruppo de La Rappresentante di Lista con, al loro attivo, ben tre album. L’ultimo, Go Go Diva, uscito lo scorso dicembre, è stato anticipato dal singolo “Questo corpo” con il video a figura intera di Lucchesi per ribadire con energia l’intento del gruppo: «Rappresentante di Lista, ossia la nostra musa. Il prototipo di donna di cui vogliamo parlare. Il punto di vista femminile, di una donna che accoglie, che ha voglia di fare delle scelte, che ha uno sguardo attento sul mondo, su quello che succede». Una donna risoluta, ma che si mette in rapporto con l’altro, con gli altri, come hanno fatto loro quando più di dieci anni fa si sono conosciuti e hanno deciso di realizzare qualcosa. «Ci siamo conosciuti in teatro, abbiamo iniziato a lavorare insieme come attori in una compagnia per preparare uno spettacolo. Durante le pause, scrivevamo canzoni per gioco, anche insieme ad altri colleghi. Questa passione, in me e Veronica, è rimasta come un desiderio fortissimo che ci ha portato qui», racconta Dario, che, a proposito di questo aprirsi all’altro, puntualizza che per questo il loro è uno sguardo al plurale. Plurale femminile però. A proposito della presenza delle donne sulla scena musicale italiana, Veronica dice: «Vorrei essere considerata per quello che faccio, per i testi che porto che già parlano moltissimo di quello che provo e sento». Sarà una bella festa vedere dal vivo, nei principali club italiani, da ora e per tutto il periodo estivo, le loro capacità performative.
Sono fratello e sorella, invece, Isabella e Carmine Tundo, il duo salentino de La Municipàl (nella foto). Carmine, che fin da bambino scriveva canzoni per band ska punk, è stato poi scoperto da Corrado Rustici e con la Sugar di Caterina Caselli ha pubblicato il primo album da solista. Il suo curriculum si arricchisce di premi e collaborazioni, come quella con Malika Ayane. Nel 2013 decide di coinvolgere, nel suo progetto, la sorella Isabella, fino a quel momento impegnata negli studi in medicina. Carmine e Isabella, che si divide tra l’ospedale e il palco, si aggiudicano il premio 1M Next, il premio Siae, Nuovo Imaie e Altoparlante. Mi incuriosisce il loro rapporto e chiedo se siano sempre andati d’accordo. Ridono entrambi, poi risponde Carmine: «Abbiamo ancora le cicatrici che ci siamo lasciati addosso da piccoli, poi siamo cresciuti, siamo maturati, almeno si spera». Quando Isabella è in ospedale, lui compone e poi condivide tutto con lei: «Ci troviamo in sintonia sulle cose da dire; la maggior parte dei testi la scrivo io, ma lei poi si trova d’accordo. È una cosa strana che non ho riscontrato mai, neanche con musicisti con i quali suono da venti anni. Una questione di sangue, che ci porta ad avere un’affinità artistica». I fratelli Tundo portano in giro il loro ultimo album Bellissimi difetti, e nel 2020 hanno in programma anche un tour europeo. «Il titolo si ispira alla pratica giapponese del kintsugi quando da un’imperfezione può nascere una forma ancora migliore di perfezione estetica e interiore. Abbiamo pensato sempre che quelli che sono le nostre imperfezioni ci differenziano dagli altri. Quando sei un po’ più piccolo tendi a uniformarti e poi viviamo in una società che omologa. La riscoperta del proprio essere diverso è importante». Prima di salutarli, gli chiedo perché si sono dati quel nome. Mi risponde Carmine: «Un nome nato un po’ per gioco perché nostro padre faceva il vigile urbano e sono contento oggi di indossare la giacca di servizio di mio padre». Appunto, il lavoro. Ecco un argomento che non fa distinzioni di sesso, soprattutto quando non c’è, e del quale dovremmo parlare. Anche suonando.