L’arcangelo Gabriele, nell’Annunciazione di Botticelli, porge a Maria una scatola di EllaOne, la “pillola dei 5 giorni dopo”. In alto si legge: «Usala, fa miracoli!». Con questo elaborato gli studenti dell’Istituto Giorgi-Woolf di Roma hanno vinto il primo premio dell’iniziativa “Informiamici”, promossa dalla Smic (Società medica italiana per la contraccezione). Gli elaborati sono stati votati unicamente dagli studenti su Instagram; quello vincente ha avuto più di dodicimila “like”, ed ha suscitato la violenta reazione delle associazioni autonominatesi “pro-vita”, nonché una lettera alla Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo), con cui il presidente dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) invoca «provvedimenti deontologici e/o disciplinari» contro la Smic e i medici che hanno ideato l’iniziativa.
La lettera sarebbe di scarso interesse, se non fosse l’occasione per una riflessione sull’influenza dei cattolici nella nostra società e in particolare nel campo della salute e dei diritti riproduttivi.
Per il presidente dei medici cattolici l’iniziativa della Smic e l’elaborato vincente violerebbero l’art. 54 del codice di deontologia medica, costituendo una «informazione sanitaria ingannevole, che impedisce ai cittadini una scelta libera e consapevole», perché la pillola “dei cinque giorni dopo”, «nei casi in cui è avvenuta la fecondazione», sarebbe «chiaramente abortiva».
A sostegno di tale affermazione cita il vecchio bugiardino di EllaOne, nel quale si riporta, oltre al noto effetto di ritardo o blocco dell’ovulazione, un eventuale effetto antinidatorio del farmaco, tralasciando di specificare che questa parte è stata eliminata nel 2015, in linea con i pronunciamenti
dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali) e con le evidenze scientifiche che nel frattempo si sono rafforzate; sulla base di tali evidenze si è rimosso l’obbligo di prescrizione medica per le donne maggiorenni. Ma le certezze granitiche dei medici cattolici non sono minimamente intaccate dalle evidenze scientifiche, per loro il farmaco è «chiaramente abortivo». La scienza deve utilizzare un linguaggio comune, condiviso, che non possa dare spazio a fraintendimenti o interpretazioni. I medici cattolici non accettano questo linguaggio comune: per loro vita “biologica” e vita “umana” sono sinonimi, come lo sono i concetti di pre-embrione, embrione, feto, neonato. La verità assoluta di cui sono depositari impone loro di rifiutare la definizione di aborto universalmente condivisa, ribadita dallo stesso Consiglio superiore di sanità: si parla di aborto quando si interrompe una gravidanza, il cui inizio si definisce solo quando il processo dell’impianto si sia concluso.
Quando si dice alle donne che un embrione è già un bambino, o che la contraccezione di emergenza è abortiva si dà una informazione falsa, basata su preconcetti ideologici, privi di evidenza scientifica. Di questo dovrebbe occup…