Sto imparando a dirti ti amo da lontano. Era facile, prima, bastava prenderti la mano, me lo leggevi negli occhi, non servivano nemmeno parole. E invece adesso infiliamo i ti amo nei buchi del telefono, esce un ti amo a spaghetto che preghi con tutta la forza della quarantena che arrivi forte perché integro, no, integro non ci si riesce più, anche i ti amo escono sformati da questo tempo sospeso, spezzettati, disturbati, in vivavoce appoggiati sui lavelli. Sono ti amo che sono ombre di farfalle di cui possiamo solo immaginare il volo.
Stiamo imparando ad accarezzare per interposta persona. Abbiamo portatori sani d’affetto che imploriamo di metterci tutto quello che riescono dentro a quella mano che si appoggerà al viso della persona a cui vorremmo voler bene come ci avevano insegnato, senza bisogno di messaggeri così gravati da messaggi così facili. Per quelli che non sono mai stati bravi con le parole questa distanza è un braccio caduto, mozzato, un dover imparare di nuovo a esprimere sentimenti come se ti avessero staccato gli occhi.
Se potessimo appoggiare l’orecchio sul Paese, come se fosse una conchiglia, sentiremmo l’eco di persone che si amano e che si dicono che non accadrà più, che non accadrà mai più, che si promettono che non si faranno trovare impreparati, che staranno vicini alla prossima pandemia, che oggi sembra diventata un evento circolare che sparirà e tornerà, come se questo nodo in gola sia qualcosa destinato a ripresentarsi.
Stiamo imparando a mancarci senza prospettiva, ed è una mancanza che sbriciola il cuore, qualcosa che senti che c’è e che non ha nemmeno una sponda su cui lanciarsi. Ci stiamo abituando a dirci arrivederci che non hanno tempo, che rimangono sospesi, che sono urla lanciate nel deserto.
Sto imparando a non aspettare, mi sveglio tutte le mattine aspettandomi e provando a presentarmi nel modo migliore possibile, sperando ogni giorno di piacermi. Anche l’attesa ormai si è smunta: è un continuo, incessante, lavoro di costruzione di ponti su cui non possiamo passare e vorremmo farci scivolare tutto, rovesciarci dentro, credere che tutto tranne il corpo, ma tutto il resto sì possa passare.
Sto imparando a dirti ti amo da lontano. Ed è una scoperta dolorosa come l’apertura di una ferita che non si rimargina più. Ne usciremo vivi, ne usciremo, ma avremo tutti i pori talmente aperti che ci entrerà il vento.
Buon lunedì.