Ogni giorno assistiamo alla conferenza stampa del capo della Protezione Civile Angelo Borrelli. Una sorta di rito pagano dove al posto di ripetere mantra si ripetono numeri, snocciolati con tutta la burocrazia di cui sono capaci le istituzioni quando si impegnano a non lasciare trasparire nemmeno un briciolo di empatia. Poco male.
Su quei numeri si basa, in fondo, il sentimento quotidiano del Paese (se salgono si sprofonda in una certa disperazione se invece i numeri scendono si infonde un certo ottimismo) e, a quanto dice Conte, su quei numeri si basano anche le scelte della politica, soprattutto sul prendere o meno misure più restrittive. L’emergenza sanitaria ha trasformato la politica in passacarte del bollettino di guerra. Benissimo.
Ieri in un’intervista Borrelli ha detto che quei numeri non sono reali. Anzi: ha detto che «per ogni contagiato ufficiale ce ne sono 10 non censiti» e quindi il numero totale dei contagiati potrebbe essere dieci volte tanto, circa sui 600.000. In sostanza Borrelli dice che quei numeri su cui si basa tutto sono piuttosto sballati. Ma non è tutto.
Quei dati sono evidentemente anche sbagliati: come faceva notare ieri il vicedirettore de Il Post Francesco Costa: «In Emilia-Romagna ci sono 4.525 contagi rilevati e un tasso di letalità del 10,1 per cento; in Veneto ci sono 3.214 contagi rilevati e un tasso di letalità del 2,9 per cento. Nelle Marche ci sono 1.568 contagi rilevati e un tasso di letalità del 5,9 per cento; in Toscana ci sono 1.330 contagi rilevati e un tasso di letalità dell’1,7 per cento. Questo perché ogni regione va in ordine sparso, e ogni regione somma ai suoi buchi di rilevamento i diversi buchi delle altre regioni. Stiamo effettivamente sommando le mele e le pere».
A questo si aggiunge la differenza di tamponi da regione a regione che rischia di darci visioni parziali di dati parziali. Insomma, siamo messi così. Buon mercoledì.