Giovedì 30 luglio il Senato si deve pronunciare sull’autorizzazione a procedere richiesta dal tribunale dei ministri di Palermo nei confronti di Matteo Salvini per il caso della nave ong Open Arms. Per 19 giorni nell’agosto del 2019 l’allora ministro dell’Interno negò lo sbarco nel porto di Lampedusa dei 164 migranti soccorsi nel Mediterraneo, tra cui molti minori. Il leader della Lega rischia il processo per sequestro di persona e abuso di ufficio. Due mesi fa la Giunta per le immunità del Senato ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere. Per parlare di questa situazione e delle questioni irrisolte legate alla gestione politica dell’immigrazione, abbiamo incontrato l’avvocato Arturo Salerni, avvocato della Open Arms e presidente dalla Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild).
Avvocato Salerni, come descriverebbe in generale la situazione attuale dei migranti?
Dal ’98 in poi, con la legge Turco-Napolitano, si è inserita nel nostro sistema una pratica di privazione della libertà sganciata dalla commissione di un reato. E oggi la situazione non è certo favorevole. Il sistema si basa su una rigidità e automaticità normativa che risponde a istanze diffuse nell’opinione pubblica. Pertanto vi sono centri di accoglienza funzionali a un rimpatrio che non può avvenire, ma che agli occhi della società almeno contiene il problema. I tempi di permanenza di queste persone all’interno dei Cpr, allungati e ristretti dai vari decreti sull’immigrazione, sono assolutamente sproporzionati.
Una privazione che peraltro non risponde ad alcuna base legale.
La privazione della libertà in questi casi non è in alcun modo funzionale rispetto all’obiettivo del rimpatrio ed appare dubbia rispetto alle previsioni costituzionali. C’è poi il problema delle proroghe, di un meccanismo privo di difesa per il cittadino straniero e di una attribuzione delle competenze ai giudici di pace piuttosto opinabile. Qui c’è tutto un sistema che non regge, bisognerebbe individuare forme alternative alla detenzione amministrativa per coloro che si trovano nel nostro Paese in una situazione di irregolarità non sanabile. Obiettivamente la possibilità di privare una persona della propria libertà personale, indipendentemente da un reato commesso, è una pratica assurda che va abolita quanto prima.
Lei è anche avvocato della ong Open Arms. Come ha vissuto da questo punto di osservazione le restrizioni negli arrivi durante e dopo il lockdown?
Il problema è stato questo: ad un certo punto era tutto bloccato, e anche gli ingressi hanno avuto delle difficoltà. C’è stata la necessità di mettere in quarantena chi arriva dall’estero, pratica che però si è innescata sul problema generale degli sbarchi, per cui si è fatto di tutto per impedire le attività di soccorso delle Ong. Con il decreto del 7 aprile sono state interrotte le possibilità di soccorso senza che fosse stata data un’alternativa valida ai migranti: si tratta evidentemente di una strumentalizzazione della crisi, di un’ennesima interpretazione dei migranti come una minaccia. Dopo restrizioni nei confronti delle Ong e conseguenti proteste da parte nostra, a cinque giorni dal decreto sono ricominciati i programmi di ricollocamento.
Nello stesso periodo c’è stata la sanatoria…
Esattamente. In Italia ci siamo trovati con una platea di 600mila persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale, cui si doveva garantire, almeno nel periodo di emergenza più alta, distanziamento sociale e sicurezza. Così si è sentita l’esigenza di una regolarizzazione, che si è alla fine manifestata nella forma dell’emersione. Colgo l’occasione per sottolineare un punto: la contrapposizione ontologica che si fa tra regolari e irregolari non sussiste, in quanto i regolari di oggi sono gli irregolari di ieri, e i regolari di oggi sono in grandissima parte passati attraverso sanatorie. La più grande è quella che ha accompagnato la legge più restrittiva, la Bossi-Fini, che nel 2002 ha regolarizzato 647mila persone: 580mila regolarizzazioni ottenute spesso inventando rapporti di lavoro fittizi, come in parte sta avvenendo adesso; e circa 60mila attraverso vertenze nei confronti dei datori di lavoro.
Quali sono allora gli elementi di maggiore criticità di questa ultima sanatoria?
Oltre alla limitazione dei settori lavorativi in cui essa è consentita – agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico -, che esclude in tal modo un sommerso enorme, quello dell’edilizia e del commercio, che invece necessiterebbe di emersione, c’è la limitazione temporale, ovvero la presenza ininterrotta dall’8 marzo o permesso scaduto dal 31 ottobre. Qua si innesca una falla grave nel sistema: se un cittadino straniero ha fatto richiesta per protezione internazionale, nel periodo intercorrente tra la richiesta e la decisione del Tribunale ha ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo, durante il quale ha potuto essere regolarmente assunto. Ora, questa tipologia non rientra nell’ipotesi del primo comma dell’art. 103 del decreto Rilancio che prevede la richiesta di emersione da parte del cittadino straniero.
E cosa dovrebbe fare questa persona?
Appunto. Per caso dovrebbe rinunziare alla richiesta di protezione internazionale, facendo scadere il permesso di soggiorno ad essa legato dopo il 31 ottobre, e ottenendo così un permesso temporaneo di sei mesi in cui trovare lavoro? Ovviamente solo nei tre settori produttivi indicati dalla norma, perché se sei ingegnere nucleare no… sono porte strettissime è chiaro.
Le sanatorie dunque non sono una soluzione…
La sanatoria purtroppo rappresenta (e ha rappresentato negli anni) l’unica soluzione: la storia della normativa sull’immigrazione italiana coincide con la storia delle sanatorie. Adesso hanno trovato questo compromesso, pessimo tecnicamente, ma capace di regolarizzare un buon numero di irregolari. O cambi la legge, instituendo un permesso per ricerca di lavoro, o la sanatoria continuerà ad essere l’unica soluzione.
Dando vita a un “mega decreto flussi”?
Il decreto flussi alla fine è esso stesso una sanatoria, il concetto è lo stesso. L’uscita è una sola, concedere permesso per richiesta di lavoro, in maniera onesta e trasparente. Finché non si cambia il sistema, a livello nazionale come a livello europeo, la regolarizzazione, oltre al ricongiungimento e alla protezione internazionale, rimarrà l’unico mezzo.
Così però non si fa il gioco di coloro che, per l’appunto, vogliono strumentalizzare il problema?
Purtroppo la condizione di emergenzialità è connaturata alla natura giuridica di queste regolarizzazioni, che trova la sua fonte nello strumento del decreto legge. Il titolo è sempre “immigrazione e sicurezza”, anche per quanto riguarda il decreto Salvini. Laddove invece parliamo di quasi un decimo della popolazione italiana, sia pure con un numero in calo negli ultimi anni. Dal 2008, con la crisi, la migrazione economica è diminuita, e nonostante le tante persone provenienti dalla Libia che chiedono protezione umanitaria, i numeri sono considerevolmente più bassi rispetto a 20 anni fa.
Perché allora l’immigrazione continua a essere trattata come un’emergenza?
Perché lo straniero ci ruba il lavoro e le donne, pure il sangue ci toglie….
Una questione di mentalità “culturale”.
Oltre a essere, come dicevamo prima, strumento di battaglia politica. Quando la politica non riesce a dare risposte sull’espansione del sistema economico e di welfare vi sono due elementi che vengono strumentalizzati: uno è lo straniero, l’altro è la criminalità. Se consideriamo che i tassi di penalizzazione e carcerizzazione sono aumentati negli ultimi 30 anni, quando tutti i reati vanno costantemente a diminuire – da un migliaio di omicidi volontari a 300 circa l’anno, gran parte per violenza familiare e motivi di lavoro – si capisce che non c’è un nesso tra gravità del fatto e risposta normativa. Per esempio, perché gli ergastoli, stando a questi dati, si sono triplicati nello stesso lasso di tempo?
Più volte questo governo ha annunciato di voler intervenire sui decreti sicurezza di Salvini. Lei cosa si aspetta?
Sicuramente ritornerà l’accoglienza per i richiedenti asilo negli Sprar, e l’ultima sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale la mancata registrazione all’anagrafe dei richiedenti asilo apre uno spiraglio a un qualche miglioramento. Poi probabilmente, supplendo a una parte lasciata scoperta dalla sanatoria, vi sarà la possibilità di conversione in permesso di lavoro per i casi cosiddetti speciali, tra i quali moltissimi sono braccianti che potranno così rientrare nella categoria.
Per quanto riguarda il sistema di soccorso in mare che aspettative ha?
Una delle riforme sarà proprio quella di abbassare le sanzioni nei confronti delle Ong che non rispettano il decreto interministeriale di divieto di ingresso nelle acque territoriali o di sbarco nella misura che era stabilita originariamente dal secondo decreto Salvini, e che nella conversione in legge ad agosto 2019 furono aggravate terribilmente.
Proprio quando la Open Arms era pronta ad attraccare sulle coste italiane…
Per questo abbiamo provato in tutti i modi ad attraccare prima che il decreto fosse convertito, ma purtroppo non è stato possibile. Dopo l’ordinanza del Tar Lazio, la nave si è diretta a Lampedusa con i migranti a bordo; lì Salvini li ha bloccati, ed è dovuta intervenire la Procura di Agrigento per lasciarli entrare. Su questo fatto il Tribunale dei ministri di Palermo ha chiesto l’incriminazione di Salvini per sequestro di persona e abuso di ufficio. Il 30 voterà l’aula del Senato, non resta che aspettare.
Alla luce di quanto detto finora, le persone che sbarcano in Italia si possono sentire “al sicuro”?
Torniamo alla radice del problema, ovvero la politica. Se pensiamo ai decreti Minniti o al blocco del programma Mare Nostrum nel 2014, dobbiamo purtroppo constatare che, con la giustificazione di non farsi sottrarre voti dalla destra, la sinistra ha messo in atto misure che, almeno teoricamente, non appartengono ai suoi programmi. Ed anche in questo caso abbiamo avuto lesioni importanti dei diritti umani in una rincorsa della destra che rende tutto lo scenario più cupo.
Discorso estendibile al contesto europeo.
La Ue dovrebbe governare i flussi in maniera più seria. L’Italia è un Paese che si spopola, è difficile vedere bambini: non capiamo le opportunità che scaturirebbero da una gestione coerente della questione immigrazione. La differenziazione degli strati popolari e dei lavoratori sulla base della nazionalità o della regolarità del soggiorno non fa che rafforzare il fronte datoriale. L’unità sindacale era quella che ti permetteva di avere contratti migliori, mentre adesso c’è una corsa al ribasso nel mondo del lavoro, esacerbata da una politica miope, esemplificata dai suddetti decreti sicurezza, e da una mentalità culturale incomprensibile.