“Non c’è pace senza giustizia”. È il grido che si è levato ovunque nel mondo dopo l’ennesimo brutale assassinio a sfondo razzista dell’afroamericano Georg Floyd da parte di un poliziotto bianco. Come è noto la protesta di “Black lives matter” da Minneapolis e dagli Usa si è velocemente diffusa in centinaia di città piccole e grandi, Massa compresa.
Perché è di giustizia quello di cui tutti abbiamo bisogno. E non solo di quella dei tribunali. Serve giustizia sociale, economica, ambientale. Servono più diritti, serve più lavoro, servono politiche che offrano governi appassionati di natura, dell’equità sociale, che rimettano al centro della loro azione politiche pubbliche per una cittadinanza multietnica, solidale, dello scambio e della conoscenza, della crescita culturale, dell’interdipendenza e della cooperazione.
Poi, durante quelle proteste, sono cominciate a “cadere” vecchie statue che, se un tempo celebravano personaggi degni delle allora attenzioni, rappresentano oggi delle insopportabili “occupazioni” di spazi pubblici dedicate a schiavisti, razzisti, fascisti, stupratori, usurpatori, nemici del popolo ed indegni rappresentanti o protagonisti di storie di violenza, di negazione di libertà o di regimi criminali incompatibili con la “nostra” democrazia e con la contemporaneità.
E qui sta il punto, come ha affermato dallo storico dell’arte Tomaso Montanari in un suo recente scritto: «Il vero oggetto di contesa è lo spazio pubblico come luogo in cui una comunità civile costruisce se stessa attraverso una lettura (spesso attraverso l’invenzione) del passato, e indica una via verso il futuro. È commovente che questo accada dopo decenni di privatizzazioni selvagge che tendono a far letteralmente sparire, in tutto il mondo, il concetto stesso di spazio pubblico. Se partiamo da qui, si dovrà convenire che tenere (letteralmente) su un piedistallo nella piazza (centro della polis e dunque luogo politico per eccellenza) un personaggio, significa indicarlo come modello di virtù civili. È l’equivalente civile della santificazione: «Guardatelo, prendetelo a esempio, fate come lui».
Spazi pubblici, che anche a Massa, sono pieni di antichi rimandi al ventennio fascista e ai mai sopiti e maldestri tentativi di revisionismo storico praticati a vari livelli da presunti storici locali ed amministrazioni compiacenti.
Non occorre “abbatterli” quei monumenti e quelle tracce basta “rimuoverle” rendendole invisibili negli spazi pubblici, all’aperto, laddove chiunque, senza ulteriori conoscenze storiche o culturali, imbattendosi nell’orribile sasso ai Quercioli dedicato ad Ubaldo Bellugi si ritrovasse ad apprezzare quella filastrocca in dialetto incisa sul marmo e dedicata alla nostra città senza sapere che il Bellugi “poeta” è stato anche il Podestà di Massa, ovvero il massimo rappresentante politico-amministrativo del fascismo in terra apuana.
E che il fascismo è stato un regime violento, razzista e criminale che ha portato l’Italia ad allearsi con Hitler in una guerra disastrosa che ha distrutto il Paese riducendolo in macerie.
Un tragico regime fondato sulla menzogna e sulla corruzione (così come ha inequivocabilmente documentato lo storico Francesco Filippi nel suo volume del 2019 “Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo” edizioni Bollati Boringhieri).
Un regime razzista e colonialista fondato sull’inganno, sulla minaccia e sul ricatto, che pure ha potuto contare su un sostegno di massa per via di quegli “Italiani brava gente” il cui “falso mito” è stato perfettamente decritto (a più voci) sul libro appena pubblicato per le edizioni di Left con l’introduzione di Simona Maggiorelli.
Poi c’è stata la lotta partigiana e la Resistenza che, assieme agli alleati, hanno spazzato via quella pagina di storia assassina e vergognosa, riconquistando la dignità di un popolo, l’orgoglio e la libertà di una Patria ritrovata e regalandoci la democrazia, la Repubblica e la Costituzione più bella del mondo.
Fascismo che, seppur irripetibile nel folklore funereo delle camice nere e dell’olio di ricino, è però perfettamente rintracciabile nei valori di riferimento di una certa destra “nazionale” di oggi omofoba e machista, xenofoba, razzista e sovranista; quella destra che parla di tradizione col rosaio in mano rifiutando al tempo stesso sia la modernità che lo spirito critico per cui ogni disaccordo è un tradimento. Quella destra sussidiaria, sostenitrice e tutta interna alle “perversioni” più spinte del liberismo economico; interclassista e che parla genericamente di “popolo” come di un unicum indistinto (che, come tale, esprime un’unica volontà), da qua l’insofferenza per la democrazia parlamentare e la sua vocazione autoritaria esplicitata col favore per i sistemi presidenziali e maggioritari. Insomma questa destra c’è e di questa destra ne ha scritto, tra gli altri, Umberto Eco nel suo libro “Il fascismo eterno” (La nave di Teseo editore 2017).
Per queste ragioni, con la forza delle nostre radici democratiche ed “antifasciste”, abbiamo deciso di donare alla Massa “Medaglia d’Oro al Valor Civile”, alla Massa di oggi e a quella di domani, in uno spazio pubblico, all’aperto, una targa dedicata ad una donna “combattente”, comunista e partigiana che fu la più giovane Costituente e mai troppo ricordata a dovere: Teresa Mattei detta Chicchi alla quale abbiamo “rubato” una bellissima frase: “Le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti, ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla Libertà, alla Giustizia, alla Resistenza, all’Antifascismo, al Pacifismo, è la nostra Costituzione”.
«Perché – scrive ancora Tomaso Montanari – le vie e le piazze sono, per fortuna, ancora luoghi di conflitto, e i loro piedistalli (proprio come le loro intitolazioni) sono nodi del discorso pubblico che costruisce la via verso il futuro». Anche quello della Massa che verrà. La nostra.
Left laboratorio politico – Massa Carrara
Movimento giovanile della sinistra – Massa Carrara
Circolo Anpi comandante Vico – Massa