Dopo il bestseller “Mussolini ha fatto anche cose buone” in cui decostruiva fake news e falsi miti del Ventennio, lo storico della mentalità Francesco Filippi torna con un nuovo libro dal titolo provocatorio: “Ma perché siamo ancora fascisti?”. Ecco cosa ci ha raccontato

Esiste un’ottima e ampia storiografia critica sul fascismo in Italia. Eppure qualcosa non ha funzionato dal punto di vista della costruzione della memoria collettiva. Tanto che un viscerale e “istintivo” rifiuto del fascismo nella Penisola non pare essere ancora diffuso sentimento popolare.
Perché dopo l’orrore del Ventennio gli italiani non sono ancora vaccinati e immuni? Parte da questa dolorosa considerazione il nuovo libro di Francesco Filippi Ma perché siamo ancora fascisti? (Bollati Boringhieri), ideale continuazione del bestseller Mussolini ha fatto anche cose buone in cui lo storico e formatore dell’associazione Deina, smonta fake news e falsi miti, duri a morire. Come nel precedente lavoro anche qui Filippi unisce rigore nella ricerca a divulgazione immediata e coinvolgente: nel preludio, per esempio, ci invita a ripensare ai film Lui è tornato di David Wnendt (ispirato al romanzo di Timur Vermes) che immagina il risveglio di Hitler nella Berlino nel 2011 e Sono tornato di Luca Miniero in cui Mussolini si risveglia nel 2017 a Roma. Un confronto impietoso: tanto è corrosivo il primo, quanto edulcorato il secondo…

Filippi, perché non abbiamo ancora fatto fino in fondo i conti con il fascismo? Cosa è successo?
Se guardiamo al modo in cui muoiono i due regimi, notiamo una differenza fra Italia e Germania. Per quanto la denazistificazione tedesca sia stata un po’ mitizzata, è vero anche che i popoli tedeschi hanno fatto grandi passi avanti, facendo i conti seppur obtorto collo con le proprie responsabilità. Da storico della mentalità noto che in Germania citare il nazismo è considerato inaccettabile e perfino “maleducato” ancor prima che politicamente scorretto. Tutto questo in Italia non c’è a livello del sentire comune. È un processo ancora in fieri. Il filosofo Jürgen Habermas ha detto che fin quando ci sarà una cultura tedesca, finché qualcuno leggerà Goethe o ascolterà Beethoven, probabilmente quella persona si porrà una domanda sul nazismo perché l’impronta di quella immanità è inevitabilmente inchiavardata nella cultura tedesca.

In Italia perché non c’è stata questa presa di coscienza?
Per rispondere dobbiamo chiederci: in Italia chi era fascista? Chi aveva la tessera? In questo caso defascistizzare l’Italia significava rinunciare a tutti gli apparati dello Stato. Ma il fascismo è stato un regime ventennale, che ha permeato tutti i gangli. Di fronte a questa presa d’atto c’è stata una diluizione di quel che significa il termine fascista. Ad un certo punto si è dovuto decidere se…

L’intervista prosegue su Left in edicola dal 19 giugno

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