In Italia il 10 per cento più povero della popolazione ha un patrimonio netto negativo: solo debiti. Il 10 per cento più ricco concentra invece nelle sue mani il 44 per cento della ricchezza nazionale. Si tratta di un divario insostenibile, che tuttavia da anni non fa altro che allargarsi. In quel baratro, cade la possibilità per milioni di persone di avere una vita dignitosa, ma anche la capacità dello Stato di garantire servizi pubblici universali di qualità, a partire da scuola e sanità. Ce ne siamo accorti in questi lunghi mesi segnati dalla pandemia, in cui le pessime condizioni dei sistemi di trasporto pubblico, lo sgretolamento della medicina territoriale, il sovraffollamento delle strutture destinate all’istruzione hanno compromesso seriamente la nostra capacità di resistenza al virus.
Il Covid-19 è un fenomeno naturale, ma le difficoltà in cui è precipitata la nostra società dipendono da un modello economico preciso, che da 40 anni alimenta le disuguaglianze ed espande le periferie. Il momento di cambiare quindi è ora, a partire proprio da un intervento che redistribuisca la ricchezza. Ecco perché abbiamo presentato in Parlamento una proposta che se approvata rivoluzionerebbe il nostro sistema fiscale. In Italia esistono già molte imposte patrimoniali. C’è l’Imu sugli immobili diversi dalla prima casa, il bollo sui conti correnti e quello sui titoli finanziari. Sono tutti tributi non progressivi, che pesano soprattutto sulla casa e chiedono troppo a chi ha poco e poco a chi ha troppo. L’ipotesi è di cancellarli e sostituirli con un’unica imposta che si applichi a partire dai 500mila euro di proprietà netta. Questo significa che per una famiglia di lavoratori ereditare un immobile, magari difficile da vendere, cesserebbe di essere un dramma a causa dell’onerosità dell’Imu. Difficilmente infatti supererebbe il mezzo milione di valore catastale, anche se sommato alla prima casa e ai risparmi. Vorrebbe dire che i Btp acquistati con il Tfr da un pensionato sarebbero liberi da balzelli, così come il conto corrente in cui arriva lo stipendio a fine mese. In compenso c’è chi pagherebbe molto di più, in particolare tutti
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L’autore: Giovanni Paglia è stato deputato della XVII legislatura ed è responsabile Economia di Sinistra italiana
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