Centinaia di milioni stanziati per i mezzi pubblici non sono riusciti a rivoluzionare il servizio per far fronte alle misure di distanziamento imposte dalla pandemia. E sembra non avere fine l’inaccettabile rimpallo delle responsabilità tra governo e Regioni

Roma, banchina del tram 3, ore 7:21. Lavoratori e studenti incrociano i rispettivi sguardi perplessi. Rassegnati. Che fare? Salire sul mezzo anche se significa accalcarsi a meno di dieci centimetri di distanza? Aspettare la corsa successiva e magari arrivare in ritardo? Quasi tutti, a bordo, hanno la mascherina. Non tutti, però, hanno la più protettiva Ffp2, molti hanno chirurgiche e homemade.
È una scena che conoscono bene i pendolari e più in generale le persone che ogni giorno utilizzano i trasporti pubblici, non solo nella Capitale, per raggiungere la scuola o il luogo di lavoro, dal Sud al Nord del Paese. E il quadro si è fatto ancora più critico, dopo che il 26 aprile almeno 7,6 milioni di alunni sono rientrati in classe, un numero pari all’89,5% della popolazione scolastica. Un rientro che cade a circa 14 mesi dalla grande serrata del marzo 2020. Ma cosa è stato fatto in tutto questo tempo per garantire uno spostamento sicuro per gli alunni, minimizzando i rischi di contagio? Poco. Molto poco.
In realtà, i due governi che si sono succeduti durante la pandemia non sono stati particolarmente avari di nuovi fondi per il ristoro e il potenziamento del trasporto pubblico regionale e locale. A questo settore il decreto Rilancio di maggio 2020 aveva dedicato un Fondo ad hoc, per compensare gli operatori, finanziato con 500 milioni di euro. Importo aumentato poi col decreto Agosto di ulteriori 400 milioni di euro, una parte dei quali, 300 milioni, si sarebbero potuti utilizzare per il «finanziamento di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, destinato anche a studenti, occorrenti per fronteggiare le esigenze trasportistiche conseguenti all’attuazione delle misure di contenimento». Sin dallo scorso autunno, però, diverse Regioni avevano lamentato l’inadeguatezza del provvedimento. I problemi principali? Decreti attuativi in ampio ritardo, e fondi assorbiti in grande quantità dal ristoro delle aziende colpite dalla crisi Covid, circostanza che lasciava poco margine per aumentare di fatto il numero di mezzi a disposizione.
A ottobre 2020 sono poi arrivati altri 390 milioni, di cui una parte, 195 milioni, è stata anticipata a gennaio con la destinazione specifica al rafforzamento dei servizi per gli studenti. L’ultimo stanziamento è stato firmato dal governo a marzo, nel decreto Sostegni: 800 milioni. Attenzione però, si tratta…


L’articolo prosegue su Left del 30 aprile – 6 maggio 2021

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