È certamente difficile allargare lo sguardo e parlare di patrimonio culturale quando tanta sofferenza è sotto i nostri occhi, coinvolgendo bambini, donne e uomini indifesi. Ma è importante che non ci si faccia travolgere dalla semplificazione associando a questo martoriato Paese che è l’Afghanistan il solo lascito dell’angoscia, perché solo recuperando la profondità della sua storia riusciremo a individuare una prospettiva di riscatto.
Siamo stati ad Herat nel maggio scorso perché il dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze sta da molti anni collaborando a progetti di conservazione di monumenti afghani in pericolo. Questa volta siamo stati coinvolti dall’Aga Khan culture service (Akcs-A) per approntare un progetto di salvaguardia riguardante il quinto minareto di Herat pericolosamente pendente. Il minareto, esilissimo, di forma tronco conica e decorato con ceramiche multicolori smaltate (in parte perdute), fu edificato agli inizi del 1400 e fuoriesce dalla verticale di quasi 3 metri su un’altezza di 42 ed un diametro alla base di appena 5 metri. Esso fa parte dell’impressionante complesso della Musalla che all’origine raggruppava una moschea, delle madrase, il mausoleo bellissimo (ancora esistente) della regina Gowhar Shad moglie dello Shah timuride Rukh, e ben venti minareti. Tutto il complesso è frutto della ideazione della regina, figura femminile importantissima della storia afgana, grande patrona delle arti, che fece di Herat, nel periodo susseguente all’occupazione operata da Tamerlano, una capitale che poteva competere, per bellezza e charme, con le maggiori espressioni del mondo islamico, da Isfahan a Samarcanda.
Oggi di questa meraviglia rimangono cinque…
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