«All’università, la porta di Giorgio Parisi è sempre aperta. Agli studenti, ai colleghi, ai collaboratori. Giorgio è una persona che non sa cosa sia la superbia. E questo suo modo di porsi di fronte a qualsiasi interlocutore è ed è stata la sua ricchezza culturale e intellettuale. Lui ha dato tantissimo alla scienza ma ha anche avuto. Non si può entrare in tanti campi di ricerca diversi se non si è in grado di ascoltare gli altri e di riconoscerne il valore delle idee. Ha avuto 317 collaboratori diversi, un numero altissimo per un fisico teorico. Per andare a esplorare un nuovo campo bisogna interagire con le persone che possono darti le basi per applicare in quell’ambito le tue idee. E questo lui ha fatto. Fino al Nobel».
Con il professor Enzo Marinari, fisico teorico dell’Università la Sapienza di Roma, uno che Giorgio Parisi lo conosce bene avendo co-firmato con lui oltre 100 articoli scientifici, ci immergiamo nel contesto in cui è maturato il prestigioso riconoscimento dell’Accademia reale svedese delle scienze. «Questo contesto prende il nome di “Scuola romana di Fisica” – sottolinea Marinari -, ed è una storia che preesisteva a Parisi essendo una scuola la cui tradizione risale a Enrico Fermi e che proseguirà grazie anche al suo rapporto con i giovani studenti e ricercatori».
«Era un ambiente eccezionale, con una formazione non paragonabile con altre università straniere», ha detto Parisi alla Sapienza nel giorno in cui ha ricevuto il premio Nobel. «Nella scuola romana c’è una grande tradizione di confronto – prosegue Marinari – e in questo ambiente Giorgio, con il suo modo di porsi, con la sua idea di formazione e ricerca, rappresenta la…
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