«“Gli abbiamo fatto le strade” va insieme alla retorica degli “Italiani brava gente”» racconta lo storico, autore di un nuovo saggio sul nostro ignominioso passato coloniale. «Quella narrazione è il tentativo di dare dignità a un’"avventura" imperialista, che sul piano pubblico non c'è stata»

Quando in Italia si parla di passato coloniale degli Stati europei, subito saltano in mente le operazioni imperialiste compiute dalla Gran Bretagna, o dalla Francia. Su quelle compiute da noi, invece, aleggia un perdurante silenzio, che si protrae spesso dai libri di scuola sino ai talk show serali, e più in generale nel discorso pubblico. Si tratta di una «voragine», come la definisce a Left lo storico Francesco Filippi, che nella sua nuova opera torna a fare i conti col nostro recente passato. Dopo Mussolini ha fatto anche cose buone (2019) e Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto (2020), ancora per Bollati Boringhieri ha da poco pubblicato Noi però gli abbiamo fatto le strade.
Nel nostro colloquio con lo studioso – cofondatore dell’associazione Deina, che organizza viaggi di memoria e percorsi formativi in tutta Italia – siamo partiti proprio da qui.

Questo suo nuovo libro nasce dall’esigenza di proseguire nel solco dei suoi precedenti lavori oppure c’è dietro la volontà, più in generale, di affrontare il nodo del colonialismo nella storia italiana a inizio Novecento?
La cornice è quella di un progetto più ampio sulla memoria dimenticata: con questo volume si compone una sorta di trilogia da inserire in questa consapevolezza di dover lavorare sul rapporto tra l’Italia e la sua storia. Se in precedenza mi sono concentrato sul fascismo e l’incapacità di ricostruire un corretto rapporto tra il presente e quell’epoca, per il colonialismo mi sono trovato davanti a uno spazio incognito, dove non c’era un racconto da destrutturare. “Gli abbiamo fatto le strade” non è neppure un portato coloniale, ma è un corollario del luogo comune “italiani brava gente”. Questo libro nasce quindi dalla necessità di colmare una voragine in cui si imbatte chiunque abbia voglia di tracciare una storia della memoria pubblica del Paese. Con Bollati Boringhieri abbiamo composto questa trilogia per avere un quadro di riferimento utile anche in relazione al presente e al futuro della nostra penisola.

Si è ritrovato a fare una sorta di passo indietro dal punto di vista cronologico, dovendo partire dalla fine dell’Ottocento, anticipando il fascismo?
Più che un passo indietro, parlerei di un’esplosione rispetto al tema delle fake news storiche del Paese: l’arco di tempo di questo libro abbraccia anche ciò che c’è stato prima e dopo Mussolini. Tra i molti non detti, in Italia, c’è anche la responsabilità del fascismo di essere l’unico punto di luce (nera) su quanto abbiamo fatto in Africa. Quel poco che sappiamo è…


L’articolo prosegue su Left del 19-25 novembre 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO