Il presidente Erdogan punta deciso sulla costruzione di una centrale nucleare per garantirsi il sostegno degli oligarchi dell’energia alle prossime elezioni. E poco importa se il Paese è a forte rischio sismico e non è preparato a gestire le scorie e se il 64% dei turchi è contrario. Per lui si tratta di «traditori»

Si avvicina il 2023 e i preparativi del sultano Erdoğan per festeggiare il centenario della nascita della sua Turchia promettono fuoco e fiamme: una presunta missione lunare, la costruzione del nuovo Pentagono (un complesso monumentale più grande di quello americano) e, per non farsi mancare nulla, l’inaugurazione della prima centrale nucleare del Paese ad Akkuyu, cittadina sulla costiera meridionale del Mediterraneo con vista su Cipro nord. Notizia degli ultimi giorni è che a questa centrale, nata dalla partnership del governo turco con la compagnia russa Rosatom, ne seguiranno altre.

Due, precisamente. Il 9 novembre Erdoğan ha annunciato che dopo il completamento di quella di Akkuyu, in Turchia verrà costruito un secondo e un terzo impianto. Per non lasciare che la sua fama venga smentita, il presidente turco ha anche preso di mira le persone contrarie al progetto, dicendo che chi si oppone al nucleare agisce con “secondi fini”. «Quando 443 centrali nucleari sono ancora attive in 32 Paesi del mondo, coloro che pensano che sia meglio che la Turchia non possieda l’energia nucleare esprimono negligenza, se non tradimento. È ovvio che coloro che criticano gli sforzi della Turchia sul nucleare hanno agito con intenzioni diverse dalla sensibilità verso l’ambiente», ha affermato Erdoğan in maniera subdola, aggiungendo così alla già lunga lista dei suoi oppositori anche coloro che manifestano contro questo tipo di attività.

Tra questi in prima linea Pinar Demircan, ricercatrice e coordinatrice di Nükleersiz, gruppo di riferimento nella lotta al nucleare in Turchia. «Il motivo per cui il mio Paese costruisce centrali nucleari non è legato al fabbisogno di elettricità ma serve soltanto a garantire ai capitalisti turchi nuove opportunità di guadagno» dice Demircan a Left. «Dal punto di vista politico – prosegue – questo dà l’opportunità di essere sostenuti alle elezioni».

Il movimento antinucleare turco risale alla concessione della licenza per la costruzione della centrale di Akkuyu, avvenuta nel 1977: 22 anni prima la Turchia aveva firmato l’accordo Atom for peace. Il Paese della mezzaluna, essendo uno dei primissimi a firmarlo, desiderava costruire centrali nucleari commerciali dopo la fondazione nel 1956 dell’istituzione turca per l’energia atomica. I suoi piani nucleari, però, non sono mai stati realizzati a causa di motivi politici, sociali ed economici, e il progetto di Akkuyu ha subito forti ritardi. Ma i cittadini ancora una volta si sono imbattuti in progetti simili a causa del crescente autoritarismo dal 2010. In un primo momento è stato firmato un accordo governativo tra…


L’articolo prosegue su Left del 26 novembre 2021

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