Dalle discussioni sui programmi scolastici per una nuova didattica agli incontri con personaggi della società civile come Ilaria Cucchi e gli attivisti di Black lives matter e Amnesty. Le voci degli studenti e delle studentesse che hanno occupato un liceo romano

«A seguito di una votazione in cui è stata raggiunta la maggioranza dei consensi, insieme a 200 studenti e studentesse del liceo Righi, abbiamo deciso di occupare il nostro istituto. Dopo anni di mobilitazioni, dopo aver manifestato innumerevoli volte sotto al ministero dell’Istruzione e aver percorso in lungo e in largo le strade di Roma, noi studenti e studentesse del liceo Righi vogliamo porre fine agli interminabili “siamo tutti nella stessa barca” e “vi capiamo”. Mostreremo a tutti di cosa ha bisogno la scuola».

Inizia così l’articolata nota con cui, in uno dei più prestigiosi licei scientifici di Roma gli studenti hanno avviato bhu una occupazione in epoca di pandemia. Il liceo Righi, è stato il sedicesimo istituto romano ad essere occupato; seguito dal Giordano Bruno e dal Carducci, si è arrivati a 18 scuole mobilitate. Negativa la risposta di Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma: «Si tratta di un rito che si ripropone prima delle vacanze natalizie con cui si fanno perdere giornate di scuola a quella stragrande maggioranza di studenti a cui non interessa questo tipo di contestazione – ha dichiarato all’AdnKronos -. È una minoranza di studenti che con arroganza, rispetto al più elementare dei principi democratici occupa le scuole magari anche nottetempo. Una prova tecnica per una “prospettiva politica” e non per ragionare sui problemi del mondo della scuola».

Recandoci al Righi, invitati, abbiamo trovato una realtà molto diversa. Centinaia di studentesse e studenti presenti, aule attrezzate per iniziative artistiche e culturali, altre chiuse con fascette di plastica dagli “occupanti” per evitare danni ai computer o ad altro materiale, persone che discutevano dei programmi scolastici inadeguati e che avevano studiato il Piano nazionale di ripresa e resilienza per comprendere quanto e come questo impatterà sulla scuola. «All’inizio non ci aspettavamo neanche questa presenza – racconta Tommaso accogliendoci e facendoci visitare l’istituto -. Il primo giorno abbiamo registrato oltre 500 ingressi, nonostante nella nostra scuola faccia sempre freddo e ci siano lavori di ristrutturazione da fare. E le presenze sono rimaste alte». Controllo del green pass e mascherina erano d’obbligo a dimostrazione di una responsabilità spesso assente in ambienti più “adulti”. Negli stessi giorni in cui il ministro della Transizione ecologica Cingolani criticava i programmi scolastici per cui «troppe volte si studiano le guerre puniche» e poco una non meglio precisata “cultura tecnica” tra le ragazze e i ragazzi si parlava d’altro. «I programmi sono inadatti alla…


L’articolo prosegue su Left del 3-9 dicembre 2021

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