È una spettacolare wunderkammer la mostra Inferno ideata e curata dal celebre critico e saggista Jean Clair alle Scuderie del Quirinale. E se nelle wunderkammer tipo lo studiolo di Francesco I de’ Medici a Firenze era una festa di uova di struzzo, conchiglie e mirabilia, qui a Roma è un tripudio di corna, di fuochi eterni, di malefici e danze macabre.
Manca solo l’odore di zolfo in questa ridda di immagini che vanno dal medioevo ai nostri giorni.
Varcata la soglia dell’Inferno ci troviamo subito immersi in un immaginario orrorifico dominato da diavoli sadici e grotteschi che infliggono ogni tipo di supplizio a inermi peccatori e da statuarie figure luciferine, angeli ribelli all’ordine divino e caduti per troppa hybris, come quelli avvolti in un vortice dal pittore seicentesco Andrea Commodi in un’opera modernissima, in grigio e rosso sangue, che cattura lo sguardo all’ingresso.
Prorogata fino al 23 gennaio, questa impressionante esposizione di 223 opere vale una visita soprattutto per le domande che solleva, per gli stimolanti percorsi di ricerca che invita ad aprire. Sebbene siano pochi i capolavori in mostra – come Le tentazioni di Sant’Antonio (1887) di Cézanne, potente e scura variante de Le bagnanti -, molte sono le opere che aiutano a capire come si formò un pervasivo e duraturo immaginario del demoniaco.
Nel settimo centenario della morte di Dante, la mostra è nata per ricostruire la genesi del suo icastico inferno, per indagarne le radici filosofiche aristotelico-tomistiche (ma anche islamiche). Il risultato, tuttavia, supera di gran lunga l’intento filologico: il percorso espositivo che si snoda su due piani si presenta come un articolato viaggio iconografico che ci spinge a interrogarci sulle origini di questa perfida e sottile macchinazione che è la rappresentazione dell’inferno usata dalla Chiesa come strumento di controllo delle plebi ignoranti e di popoli indigeni da schiavizzare, come mezzo di oppressione delle donne stigmatizzate come la «porta del diavolo», per dirla con le parole di Tertulliano. Fin dall’Antico testamento, del resto, Eva è additata come la causa di ogni male perché, alleata del serpente, osò assaggiare il frutto proibito della conoscenza.
L’invenzione dell’inferno
Di quella macchinazione ordita attraverso le prediche dei domenicani e numerosi cicli pittorici commissionati dal papato e da vari ordini religiosi, Dante fu il massimo architetto, come ben evidenzia La voragine infernale (1481-88) di Botticelli, conservato alla Biblioteca Apostolica vaticana e prestato alle Scuderie solo per due settimane. Il poeta fiorentino gli dette una geografia, una costruzione spaziale che restava impressa nella mente a mo’ di memento come insegnava l’antica arte della memoria (a cui Francis Yates ha dedicato importanti studi). Se Botticelli con…
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