Dalla parte degli studenti, che chiedono formazione di qualità, giustizia sociale e lotta al climate change. Jean-Luc Mélenchon in Francia è riuscito a interpretarne le istanze, diventandone un punto di riferimento.
Tanto che, lo scorso aprile, al primo turno delle presidenziali i francesi tra i 18 e i 34 anni hanno votato in maggioranza per lui. Anche nel 2017 l’ex ministro del governo Jospin e oggi leader di France insoumise era stato il più votato dalle nuove generazioni.
Ora la tendenza si è consolidata, con tanti giovani politici come Mathilde Panot e l’europarlamentare Manon Aubry (che compare con lui in copertina) che sono diventati battaglieri e validissimi “quadri”di partito, superando il maestro.
Qualcosa di simile era riuscito al vecchio socialista Bernie Sanders negli Stati Uniti, gettando le basi per un nuovo patto fra generazioni, spezzando la logica che nelle società capitalistiche le contrappone in un feroce vita mea-mors tua.
Mélenchon non si accontenta però e punta a mandare a gambe all’aria anche altri tabù. Dopo aver sfiorato per un soffio il ballottaggio con Macron alle recenti presidenziali francesi, non solo si candida a primo ministro alle legislative di giugno, ma - ecco il punto che più ci interessa - per questo «terzo turno» è riuscito a riunire la sinistra in un “campo largo”, che va dai verdi, ai socialisti, ai comunisti, superando vecchie reciproche pregiudiziali, lanciando una ambiziosa sfida: costruire una articolata federazione, un nuovo Front populaire (ribattezzato Union populaire) che non si limiti ad essere un mera sommatoria di sigle.
Il che potrebbe avere molto da dire anche alla frammentata sinistra nostrana? E anche al Pd che si attesta al 21%, ma arranca nel progetto di realizzazione di un “campo largo”? Certo la situazione in Francia è ben diversa da quella italiana. Le controriforme liberiste di Macron hanno fatto crescere negli ultimi 5 anni un vasto malcontento popolare Oltralpe e Mélenchon ha saputo farsene interprete rimettendo al centro la questione sociale, smascherando il finto interesse per i ceti popolari delle destre (che nonostante gli slogan ripropongono le medesime ricette classiste dei liberisti).
Per la rielezione di Macron come è noto, molto ha contato il voto utile. Alla richiesta di fare “barrage” contro l’ultra destra di Le Pen i francesi per fortuna hanno risposto. Ma lo storico partito socialdemocratico Parti socialiste (Ps), cannibalizzato dal macronismo, è ridotto ai minimi termini. E forse anche per questo ha accettato di federarsi. Ma è interessante tuttavia che abbia accettato di farlo aprendo a un programma di radicale rottura che si oppone al neoliberismo che ha contribuito alla devastazione dell’ambiente e alla crescita delle disuguaglianze. Il programma lanciato da Mélenchon, infatti, mette al centro i temi della democrazia, della costruzione della pace e del disarmo, del lavoro (salario minimo, pensione a 60 anni ecc), della giustizia ambientale e sociale, dell’antirazzismo, della qualità della vita e della salute intesa come benessere più complessivo.
Alla piattaforma lanciata dal leader di France insoumise hanno detto sì i comunisti guidati da Fabien Roussel, i verdi di Yannick Jadot e i socialisti. Lo scorso 6 maggio, il Consiglio nazionale del Partito socialista francese ha approvato a maggioranza la proposta di entrare nella nuova formazione. Se la sindaca di Parigi Anne Hidalgo (che nella tornata delle presidenziali ha preso solo l’1,75% dei voti) aveva detto no all’alleanza dei socialisti con Mélenchon, un sostegno era arrivato invece da una socialista di spicco come Ségolène Royal che ha dichiarato di aver votato per lui.
Certo la strada della federazione a sinistra è ancora in larga parte da costruire. Ma qualcosa di importante è già avvenuto. Lo raccontiamo e approfondiamo su questo numero di Left, con servizi da Parigi. In collaborazione con il quotidiano francese l’Humanité vi proponiamo una ampia intervista al leader di Union populaire. Ognuno potrà farsi una propria idea, riguardo ai contenuti e anche rispetto ai toni e a certe venature populiste e ad alcune formulazioni un po’ “d’antan” che caratterizzano il suo eloquio. Ma sono altresì convinta che quel che sta accadendo in Francia sia un fatto di spicco per il futuro della sinistra in Europa e da raccontare e indagare sul piano giornalistico.
Anche per le ricadute positive che potrebbe avere nei vari Paesi e per quel che sta muovendo in Italia. Per esempio, l’ex magistrato e ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, leader di Dema guarda all’operazione di Mélenchon con interesse, candidandosi a federatore della sinistra radicale in Italia, lanciandosi in una campagna elettorale dal basso. E chissà cosa pensano di quel che sta accadendo a sinistra in Francia Letta da sempre di casa a Parigi e vicino a Macron, ma anche Bersani e i fuoriusciti del Pd che si apprestano a rientravi. Chissà che ne pensano le frange più di sinistra dei M5s. Sarà interessante seguire e intervenire nel dibattito.
L'editoriale è tratto da Left del 13 maggio 2022
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Dalla parte degli studenti, che chiedono formazione di qualità, giustizia sociale e lotta al climate change. Jean-Luc Mélenchon in Francia è riuscito a interpretarne le istanze, diventandone un punto di riferimento.
Tanto che, lo scorso aprile, al primo turno delle presidenziali i francesi tra i 18 e i 34 anni hanno votato in maggioranza per lui. Anche nel 2017 l’ex ministro del governo Jospin e oggi leader di France insoumise era stato il più votato dalle nuove generazioni.
Ora la tendenza si è consolidata, con tanti giovani politici come Mathilde Panot e l’europarlamentare Manon Aubry (che compare con lui in copertina) che sono diventati battaglieri e validissimi “quadri”di partito, superando il maestro.
Qualcosa di simile era riuscito al vecchio socialista Bernie Sanders negli Stati Uniti, gettando le basi per un nuovo patto fra generazioni, spezzando la logica che nelle società capitalistiche le contrappone in un feroce vita mea-mors tua.
Mélenchon non si accontenta però e punta a mandare a gambe all’aria anche altri tabù. Dopo aver sfiorato per un soffio il ballottaggio con Macron alle recenti presidenziali francesi, non solo si candida a primo ministro alle legislative di giugno, ma – ecco il punto che più ci interessa – per questo «terzo turno» è riuscito a riunire la sinistra in un “campo largo”, che va dai verdi, ai socialisti, ai comunisti, superando vecchie reciproche pregiudiziali, lanciando una ambiziosa sfida: costruire una articolata federazione, un nuovo Front populaire (ribattezzato Union populaire) che non si limiti ad essere un mera sommatoria di sigle.
Il che potrebbe avere molto da dire anche alla frammentata sinistra nostrana? E anche al Pd che si attesta al 21%, ma arranca nel progetto di realizzazione di un “campo largo”? Certo la situazione in Francia è ben diversa da quella italiana. Le controriforme liberiste di Macron hanno fatto crescere negli ultimi 5 anni un vasto malcontento popolare Oltralpe e Mélenchon ha saputo farsene interprete rimettendo al centro la questione sociale, smascherando il finto interesse per i ceti popolari delle destre (che nonostante gli slogan ripropongono le medesime ricette classiste dei liberisti).
Per la rielezione di Macron come è noto, molto ha contato il voto utile. Alla richiesta di fare “barrage” contro l’ultra destra di Le Pen i francesi per fortuna hanno risposto. Ma lo storico partito socialdemocratico Parti socialiste (Ps), cannibalizzato dal macronismo, è ridotto ai minimi termini. E forse anche per questo ha accettato di federarsi. Ma è interessante tuttavia che abbia accettato di farlo aprendo a un programma di radicale rottura che si oppone al neoliberismo che ha contribuito alla devastazione dell’ambiente e alla crescita delle disuguaglianze. Il programma lanciato da Mélenchon, infatti, mette al centro i temi della democrazia, della costruzione della pace e del disarmo, del lavoro (salario minimo, pensione a 60 anni ecc), della giustizia ambientale e sociale, dell’antirazzismo, della qualità della vita e della salute intesa come benessere più complessivo.
Alla piattaforma lanciata dal leader di France insoumise hanno detto sì i comunisti guidati da Fabien Roussel, i verdi di Yannick Jadot e i socialisti. Lo scorso 6 maggio, il Consiglio nazionale del Partito socialista francese ha approvato a maggioranza la proposta di entrare nella nuova formazione. Se la sindaca di Parigi Anne Hidalgo (che nella tornata delle presidenziali ha preso solo l’1,75% dei voti) aveva detto no all’alleanza dei socialisti con Mélenchon, un sostegno era arrivato invece da una socialista di spicco come Ségolène Royal che ha dichiarato di aver votato per lui.
Certo la strada della federazione a sinistra è ancora in larga parte da costruire. Ma qualcosa di importante è già avvenuto. Lo raccontiamo e approfondiamo su questo numero di Left, con servizi da Parigi. In collaborazione con il quotidiano francese l’Humanité vi proponiamo una ampia intervista al leader di Union populaire. Ognuno potrà farsi una propria idea, riguardo ai contenuti e anche rispetto ai toni e a certe venature populiste e ad alcune formulazioni un po’ “d’antan” che caratterizzano il suo eloquio. Ma sono altresì convinta che quel che sta accadendo in Francia sia un fatto di spicco per il futuro della sinistra in Europa e da raccontare e indagare sul piano giornalistico.
Anche per le ricadute positive che potrebbe avere nei vari Paesi e per quel che sta muovendo in Italia. Per esempio, l’ex magistrato e ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, leader di Dema guarda all’operazione di Mélenchon con interesse, candidandosi a federatore della sinistra radicale in Italia, lanciandosi in una campagna elettorale dal basso. E chissà cosa pensano di quel che sta accadendo a sinistra in Francia Letta da sempre di casa a Parigi e vicino a Macron, ma anche Bersani e i fuoriusciti del Pd che si apprestano a rientravi. Chissà che ne pensano le frange più di sinistra dei M5s. Sarà interessante seguire e intervenire nel dibattito.