Secondo l'indagine indipendente dell’Alto Commissariato dell'Onu per i diritti umani sono stati i soldati israeliani a sparare contro la giornalista di Al Jazeera. Ora c’è la verità ma manca la giustizia

«Lo choc per l’uccisione a #Jenin in un raid di una giornalista di #AlJazeera. Chiediamo #veritàegiustizia per #ShireenAbuAkla», scriveva il segretario del Partito democratico Enrico Letta lo scorso 11 maggio. La verità è arrivata. Si è conclusa venerdì 24 giugno l’indagine indipendente dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) sull’omicidio di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese uccisa a Jenin, in Cisgiordania, l’11 maggio 2022, mentre stava svolgendo il suo lavoro per l’agenzia stampa Al Jazeera. Secondo l’Onu, non ci sarebbero più dubbi in merito alla responsabilità dell’uccisione della professionista: il proiettile letale sarebbe stato sparato dai soldati delle Forze armate Israeliane (Idf), colpendola alla testa e uccidendola sul colpo. Non c’entrano nulla i «palestinesi armati» di cui aveva parlato il governo israeliano, non esistono.

Scrivono le Nazioni Unite: «Secondo i nostri risultati, l’11 maggio 2022, poco dopo le 06:00, sette giornalisti, tra cui Shireen Abu Akleh, sono arrivati all’ingresso occidentale del campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata settentrionale per coprire un’operazione di arresto in corso da parte delle forze di sicurezza israeliane e gli scontri che ne sono seguiti. I giornalisti hanno detto di aver scelto una strada laterale per avvicinarsi onde evitare la posizione dei palestinesi armati all’interno del campo e che hanno proceduto lentamente al fine di rendere visibile la loro presenza alle forze israeliane schierate lungo la strada. I nostri risultati indicano che non erano stati lanciati avvertimenti e che non si erano veroficati spari  in quel momento e in quel luogo.

Intorno alle 06:30, mentre quattro dei giornalisti imboccavano la strada che porta al campo, indossando caschi antiproiettile e giubbotti antiproiettile con scritto “Press”, sono stati sparati contro di loro diversi proiettili singoli, apparentemente ben mirati, dalla direzione delle forze di sicurezza israeliane. Un singolo proiettile ha ferito Ali Sammoudi alla spalla, un altro singolo proiettile ha colpito Abu Akleh alla testa e l’ha uccisa all’istante. Diversi altri proiettili singoli sono stati sparati mentre un uomo disarmato tentava di avvicinarsi al corpo di Abu Akleh e un altro giornalista illeso che si rifugiava dietro un albero. I colpi hanno continuato a essere sparati mentre questo individuo alla fine è riuscito a portare via il corpo di Abu Akleh».

«L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet continua a sollecitare le autorità israeliane ad aprire un’indagine penale sull’uccisione di Abu Akleh e su tutte le altre uccisioni e gravi ferite da parte delle forze israeliane in Cisgiordania e nel contesto delle operazioni di applicazione della legge a Gaza. Dall’inizio dell’anno, il nostro Ufficio ha verificato che le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 58 palestinesi in Cisgiordania, tra cui 13 bambini».

Quindi ora c’è la verità ma manca la giustizia. Che fanno ora Enrico Letta e tutti gli altri?

Buon lunedì.

</a

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.