Introdurre un salario minimo legale. Tagliare il cuneo fiscale a tutto vantaggio dei lavoratori. Superare la pratica dei “contratti pirata”. Rinnovare i contratti in scadenza o scaduti. Sono provvedimenti ormai inaggirabili se si vuole difendere il potere d’acquisto dei cittadini aggredito anche dall’inflazione

La crisi pandemica e la guerra di invasione della Russia nei confronti dell’Ucraina hanno fatto balzare in primo piano il tema del lavoro. Di recente, con la speculazione sulle materie prime e poi sulla loro carenza, si è innestata una spirale al rialzo. Un fenomeno che in queste dimensioni non conoscevamo più da moltissimi anni. Questa situazione colpisce in particolare il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti, ma anche di quelli autonomi e delle pensioni. Come intervenire?

Le politiche dei sostegni una tantum attraverso i bonus di carattere emergenziale non funzionano più perché corrono il rischio di distribuire risorse a pioggia senza ottenere effetti duraturi di redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei più deboli. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ci ha messi in guardia al fine di evitare una rincorsa tra prezzi e salari. Se di questo si tratta e se non vogliamo abbandonare a loro stessi i soggetti – come lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati – a più basso reddito, si renderà necessario mettere in cantiere una iniziativa che veda protagonisti governo e parti sociali, capace di incidere strutturalmente sulla distribuzione della ricchezza.

Occorre, dunque, operare alcune scelte che si muovano contemporaneamente su piani diversi: un primo punto con il quale dovremo fare i conti è il tema del salario minimo, reso più incalzante dalla recente decisione europea di emanare una direttiva su questa delicata materia. Noi riteniamo che adottare un criterio di salario minimo definito per legge, cosa che in Italia non esiste, possa rappresentare una scelta positiva. Da solo, però, questo strumento non può affrontare il tema dei bassi salari che caratterizza la situazione italiana, ma può intervenire al fine di superare la pratica largamente diffusa del dumping contrattuale e salariale, vale a dire dei cosiddetti “contratti pirata”.

A questo proposito condividiamo la proposta del ministro Andrea Orlando che consiste nella scelta di compiere un primo passo: assumere per legge le tabelle salariali dei minimi contrattuali, paga base più contingenza, definiti dai singoli contratti di categoria. Si tratta di individuare i contratti cosiddetti leader o meglio ancora, i migliori contratti esistenti all’interno di ciascun settore produttivo. Un salario minimo per i lavoratori del tessile, per i lavoratori metalmeccanici, chimici, e così via, che tenga conto delle diverse situazioni contrattuali e delle diverse dinamiche produttive. Se esaminiamo la situazione attualmente esistente possiamo affermare che, escludendo i contratti pirata stipulati da organizzazioni inesistenti, la contrattazione non in dumping oscilla, come minimi contrattuali orari, dai 7 ai 9 euro orari. Esistono anche situazioni, soprattutto nel settore dei servizi, per alcune specifiche categorie, ad esempio le…

L’articolo prosegue su Left dell’8-14 luglio 2022 

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