Com’è ormai emerso in questi ultimi tre mesi grazie a una vasta documentazione, soprattutto di parte americana, l’allargamento della Nato agli ex Paesi del Patto di Varsavia rispondeva ad un preciso fine, che oggi appare perfettamente raggiunto: provocare un casus belli ai confini della Russia, far leva sull’orgoglio nazionalistico dei suoi gruppi dirigenti e impegnarla in una guerra aperta. L’aggressione di Putin all’Ucraina è, con ogni evidenza, il risultato di tale strategia, un successo lungamente perseguito dall’amministrazione americana attraverso la Nato, che oggi mostra tutti i suoi frutti.
Allargamento dell’Alleanza ad altri Stati europei, incremento delle spese militari di tutti i Paesi membri, mobilitazione su vasta scala di mezzi e uomini, maggiore coesione politica e ideologica. Senonché, come alcuni analisti avevano già fatto osservare – e tale aspetto è reso oggi più evidente dall’ingente impegno militare degli Usa a sostegno dell’Ucraina – la “guerra per procura” contro la Russia, è solo una tappa, un passaggio di un ben più ampio disegno strategico. Essa serve a destabilizzare uno dei contendenti dello spazio geopolitico mondiale, appunto il cuore dell’ex Unione Sovietica, ma l’obiettivo più ambizioso e più vasto è, fuori da ogni dubbio, la Cina. È il grande Paese asiatico che con la spettacolare crescita delle sue economie manifatturiere, l’espansione mondiale dei suoi commerci, il successo crescente nell’ambito delle alte tecnologie, è osservato sempre più dagli Usa come il contendente geopolitico più temibile e quindi – secondo la razionalità imperialista di gran parte dei suoi gruppi dirigenti – come il nemico da sconfiggere anche militarmente nel prossimo futuro.
Occorre avere ben chiara questa prospettiva, del resto esplicitamente…
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