L’occhio di una macchina da presa sfiora due mani di donna, incerte, straziate, che prima l’una, poi l’altra afferrano lentamente il corpo di un fucile che sappiamo di un uomo amato appena ucciso. Successivamente, lo stesso occhio ne coglie con insistenza le dita insanguinate che, in precedenza, avevano raccolto delicatamente una coccinella rossa, celebrando il momento di un altro intenso amore. Immagini struggenti di un film potente: Resistance. La battaglia di Sebastopoli. Per chi scrive, bellissimo per la profondità e l’efficacia con cui tratteggia luci e ombre della vita della protagonista, Ljudmila Pavlienko, la cecchina dell’Armata Rossa con al suo attivo 309 uccisioni naziste accertate nella Seconda guerra mondiale.
Con la sua storia si apre il libro dell’americana Kristen R. Ghodsee – edito da Donzelli – Valchirie Rosse. Le rivoluzionarie dell’est, prima di una iconica cinquina di rivoluzionarie socialiste che hanno cambiato la storia culturale, politica e sociale delle donne in Europa e nel mondo. A seguire le storie di tre eroine della Rivoluzione russa del 1917: Aleksandra Kollontaj, poliglotta estremamente dotata e abilissima oratrice, prima donna ministro per l’Assistenza sociale e prima donna che parlò di sessualità in termini umani, politici e storici, riconoscendo al privato la sua dimensione politica e sociale; la pedagogista Nadežda Krupskaja, moglie di Lenin, che attuò una vera e propria rivoluzione radicale promuovendo per le donne istruzione, alfabetizzazione e diffusione della biblioteconomia; Inessa Armand, il grande amore di Lenin, poliglotta anch’essa, rivoluzionaria appassionata, che fu a capo di quello che si può considerare il primo ministero degli Affari femminili in Unione sovietica, lo Ženodtel. Ultima, in ordine di tempo, la scienziata e partigiana bulgara Elena Lagadinova, che combatté il suo governo alleato dell’Asse durante la Seconda guerra mondiale, e fu a capo del movimento globale delle donne. Le loro vite scorrono in un arco di tempo che va dal 1869, data di nascita della Krupskaja al 2017, anno della morte della Elena Lagadinova.
Perché le “valchirie” del titolo? La prima ad essere apostrofata con l’appellativo delle antiche divinità guerriere germaniche dalla stampa internazionale e dai suoi stessi compagni bolscevichi fu Aleksandra Kollontaj e Ghodsee lo estende, non a caso, a tutte le donne descritte nel libro per sottolinearne la forza e il coraggio quasi sovrumano che le accomuna nel combattere le disuguaglianze di genere, e nel creare nuove opportunità per milioni di donne nel mondo. Scrivere di queste donne – sottolinea l’autrice, docente di Studi russi e dell’Est Europa all’Università di Pennsylvania, con studi approfonditi su emancipazione femminile, sessualità e socialismo – significa riconoscere «la storia diversificata e di ampio respiro dell’attivismo delle donne socialiste e comuniste».
Se guardiamo alla storia del femminismo occidentale, le vicende di Mary Wollstonecraft, Stuart Mill, Olympe de Gouges si attestano sostanzialmente sulla rivendicazione dei diritti individuali. Rivendicazione che si impone prepotentemente con l’esordio del femminismo liberale successivo allo sviluppo del capitalismo. Il consolidamento di una società fondata su un patriarcato mai superato che trova le sue fondamenta nella famiglia, di cui sono brutali pilastri la subalternità umana ed economica della donna e il suo controllo sociale, spinge a reclamare per le donne diritti civili, economici e giuridici.
Aleksandra Kollontaj e le sue compagne socialiste si collocano all’opposto del femminismo “individualista” liberale. Il loro “femminismo dell’uguaglianza”, per anni disconosciuto o minimizzato dalla maggior parte degli studiosi occidentali, contesta la miopia liberale sullo sfruttamento e le condizioni di vita delle donne operaie, allarga lo sguardo al sistema sociale ed economico, orienta la sua lotta verso una trasformazione radicale sociale ed economica, unica in grado di eliminare alla radice le diseguaglianze e i rapporti di dipendenza, e favorire un’uguaglianza sostanziale e non formale tra uomini e donne. A differenza delle liberali borghesi, ci dice l’autrice, queste donne «hanno combattuto fianco a fianco con le loro controparti maschili per creare un mondo più equo per tutti attraverso l’azione collettiva».
Storie di donne certamente tenaci, audaci. Ma non prive di opacità, subordinate come sono al peso violento delle derive di un comunismo che – nonostante le battaglie per l’uguaglianza e contro lo sfruttamento – è rimasto stretto all’autorità religiosa del “Pater familias”, arretrando pesantemente su molte delle conquiste fatte dalle donne.
Le ferite di una guerra disumana e la depressione – che aveva colpito anche Inessa Armand, dopo una vita di militanza e di amore travagliato per Lenin – divoreranno Ljudmila Pavlienko. La sua corsa ostinata verso un’“uguaglianza” con l’uomo che il film Resistance ben racconta, la trascinerà, come molte donne, nel sangue della guerra “patriottica”, tutta maschile, contro il nazifascismo, travolta dal turbine di un atroce e insensibile calcolo politico.
Aleksandra Kollontaj sarà sempre brutalizzata verbalmente con ironia e cattiveria, nonostante l’impegno coraggioso e instancabile per conquistare le donne al socialismo e alla parità dei diritti, e non avrà che pochissimo appoggio dai compagni di partito e dalle stesse compagne. Va certamente riconosciuto che in un secolo e mezzo di storia la realtà delle donne in Europa è di fatto molto cambiata. Sicuramente in meglio, anche se le sfide non si sono esaurite.
In questo libro non si fanno sconti al socialismo reale e non se ne diminuisce la portata tragica. Ma nonostante la scarsa libertà individuale, l’economia pianificata e la sua mancanza di dinamicità e rendimento, la persistenza del patriarcato, le statistiche portate dall’autrice dimostrano come nei Paesi socialisti sia aumentata l’aspettativa di vita in pochi decenni rispetto ai Paesi industrializzati, come sia diminuito il tasso di mortalità infantile e abbattuto l’analfabetismo. Le donne hanno conquistato opportunità di studio e di lavoro prima inimmaginabili.
Ci sono alcune «caratteristiche fondamentali necessarie agli aspiranti rivoluzionari» – scrive l’autrice – che le Valchirie rosse hanno lasciato in eredità, come coltivare relazioni sociali, la conoscenza, la flessibilità mentale in grado di accogliere nuove idee, l’impegno, la tenacia. Ma a queste forse va aggiunto – come sottolinea Noemi Ghetti nella bella e ricca prefazione – quello che ha indicato Aleksandra Kollontaj nel suo rivoluzionario Largo all’eros alato! ovvero un soddisfacente vita sessuale e affettiva oltre l’indipendenza economica, il diritto al lavoro e i servizi sociali perché, conclude felicemente, «il passaggio tutto umano dalla soddisfazione dei bisogni alla realizzazione delle esigenze, implicito nelle qualità enumerate dal libro, è il naturale e necessario sviluppo del marxismo in una moderna concezione della realtà umana».
Per continuare la ricerca:
Annalina Ferrante è autrice del libro Aleksandra Kollontaj. Passione e rivoluzione di una bolscevica imperfetta (L’Asino d’oro edizioni)
Noemi Ghetti, autrice di numerosi libri, fra i quali qui ricordiamo
Gramsci e le donne (Donzelli) La cartolina di Gramsci (Donzelli), Gramsci nel cieco carcere degli eretici (L’Asino d’oro edizioni)