Roma è ricca di luoghi magici e la Domus Aurea è uno di quelli. Quando si scende nelle profondità del Colle Oppio è impossibile rimanere indifferenti al susseguirsi di meraviglie che appartenevano alla sontuosa Villa di Nerone. Pitture in quarto stile pompeiano – che decoravano anche gli ambienti di servizio; mosaici, tracce di articolate strutture, giochi di acqua e di luce, lasciano solo immaginare l’antico splendore di questa meravigliosa domus.
Ebbene, dopo circa duemila anni, la Domus aurea rivive grazie a Moisai 2022. Voci Contemporanee in Domus Aurea. Rassegna organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo, con la direzione artistica di PAV che, fino al 9 ottobre, celebra le Muse, protettici delle arti, figlie di Zeus e Mnemosine. Con Moisai, l’aula ottagona, concepita da Nerone come coenatio, ovvero spettacolare sala per banchetti, torna ad aprirsi all’arte. L’ambiente, ideato per affascinare gli ospiti, è tutt’ora coperto da un’imponente cupola in calcestruzzo, realizzata grazie ad un’innovativa tecnica ingegneristica che adopera i pilastri degli otto ambienti laterali – creati appositamente – per sostenere il peso della volta. Inoltre, secondo le fonti, la sala Ottagona, era dotata di una struttura lignea, progettata dagli architetti Severo e Celere che, grazie a complessi ingranaggi ad acqua, ruotava su se stessa lungo l’arco della giornata, simulando il movimento del mondo intorno al sole, simbolicamente rappresentato dal trono, collocato al centro, in corrispondenza dell’oculus zenitale, da cui, all’occorrenza, piovevano petali di fiori ed essenze profumate.
In questa cornice, ho incontrato Polimnia, Musa della danza, definita da Nonno di Panopoli, nelle Dionisiache, la madre della danza, che: «muoveva le braccia e disegnava nell’aria l’immagine di una voce silenziosa, parlando con le mani e muovendo gli occhi in una forma di silenzio piena di significati…», rappresentata da Alcune Coreografie, progetto del filmaker e performer Jacopo Jenna, interpretato da Ramona Caia.
Videoarte e danza si compenetrano in un meta-spettacolo che incarna a pieno le parole del poeta greco: «parla della danza attraverso la danza e con essa si confonde fino a produrre nuove immagini».
Nella prima parte dell’opera la danzatrice si rapporta ad un video che presenta una serie di frammenti di danze diverse. Scene tratte da film, video amatoriali, documentari, si susseguono, senza soluzione di continuità e senza un ordine logico, in un ritmo incalzante e serrato. Dal balletto classico, alla Haka degli All Blacks; dai rituali orientali, ai night club. Ramona Caia si rivela portentosa nel rispondere al video, riprendendone i movimenti con precisione, velocità e limpidezza, nonostante gli input continui, contraddittori e bruschi. La danzatrice con piena padronanza del proprio corpo e, attraverso l’armonia delle sue movenze, trasforma la fredda sequenza video in una coreografia fluida, femminile ed umana.
Nella seconda parte dello spettacolo, Ramona Caia si misura con il video dell’artista Roberto Fassone che, suddiviso in “Composizioni”, ha come protagonista una natura di ampio respiro. Grandi orizzonti e paesaggi sconfinati, si alternano a microcosmi dalle proporzioni colossali.
L’artista adotta un linguaggio simbolico ma, nello stesso tempo, ironico e leggero, giocando con parole, suoni e immagini per creare una sottile sensazione di spaesamento nello spettatore. Come se lo scopo fosse quello di far cambiare punto di vista, creando uno slittamento del focus. La risposta di Ramona Caia è immediata. La sua danza si adegua al video, facendosi più “silenziosa”. Se prima la coreografia era strutturata principalmente su una direttrice verticale, nella seconda parte prevale una dimensione orizzontale. Come a voler riprendere ed amplificare, con i movimenti del corpo, i vasti orizzonti del video.
La capacità di Ramona Caia di umanizzare la proiezione attraverso la sua interpretazione, sollecita una riflessione sulla dicotomia umano/non umano; sul rapporto uomo/macchina. Sottolineando come la tecnologia sia uno strumento a servizio dell’uomo e non viceversa. Messaggio reso ancor più efficace dalla location d’eccezione in cui è ambientata la performance: la Domus Aurea; luogo che oggi rivive proprio grazie al virtuoso uso delle innovazioni tecnologiche che rendono possibile la riscoperta e la tutela del passato.