Dalla pubblicazione di un libro di poesie inedite di Luigi Amendola nasce un progetto teatrale e un docufilm. Il regista Simone Amendola racconta la riscoperta di questo autore ingiustamente dimenticato
«Tanti artisti (da Vivian Maier a Sixto Rodriguez) con una nuova narrazione sono tornati a vivere. Con questo libro, dopo 25 anni, riemerge un poeta» si legge sulla pagina instagram dedicata al libro Lettera a Telemaco (Bizzarro books). Serve tempo per la memoria. Serve, forse, che il tempo personale intercetti il tempo universale. Forse è accaduto questo quando, durante il lockdown del 2020, il regista e drammaturgo Simone Amendola ha tirato fuori un foglio di carta che da anni conservava ripiegato nel portafogli, e lo ha aperto. Su quel foglio ingiallito, a tratti illeggibile, era impressa, con le lettere di una macchina da scrivere, una poesia. Una poesia che il padre gli aveva dedicato per i suoi 16 anni. Chissà se è stato quel gesto, il dispiegare la carta, che gli ha fatto prendere una decisione. Oppure se la decisione, che Amendola aveva già preso, gli ha permesso di ritrovare la poesia. Di certo c’è che, dopo 25 anni dalla scomparsa prematura del padre, ha deciso di ricercarlo per restituirlo al mondo. La ricerca di un padre che non c’è più è normalmente operazione intima e privata, a meno che egli non avesse affidato parte della propria intimità e della propria interiorità a quel mondo di ombre e luci che è l’immaginario letterario, che non può essere solo privato.
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