Preoccupazione per il presente, ansia verso il futuro. I giovani europei, che vivono in un mondo inquieto dominato da guerre, disuguaglianze e crisi climatica, dipingono un quadro a tinte fosche per rappresentare il domani. Un domani incerto, che genera in loro pessimismo e limita le prospettive per costruire il presente e il futuro. Lo rivela uno studio europeo sull’impegno delle giovani generazioni intitolato “The Movers of Tomorrow?” (I promotori del domani?) realizzato dalla Fondazione Allianz, in collaborazione con l’Istituto Sinus: un’indagine su 10mila giovani (tra i 18 e i 39 anni) con 312 domande e 2,6 milioni di risposte, che ha esaminato come i giovani europei in Germania, Grecia, Polonia, Gran Bretagna e Italia, vedono le loro società e il futuro, su temi di grande attualità e interesse pubblico.
Se guardiamo al caso italiano, i nostri giovani sono ancora meno ottimisti sul proprio futuro (50% contro il 62% della media dei cinque Paesi), sul futuro del proprio Paese (26% contro il 36%) e sul futuro dell’Europa (39% contro il 47%). Quello che dovrebbe far di più riflettere la politica, che spesso parla di giovani, ma senza averne una reale percezione, è che meno della metà degli intervistati italiani (41%) ha fiducia nelle istituzioni e, altrettanto bassa (48%) è la fiducia nei confronti dei media indipendenti. Va da sé che questi ultimi due dati ci dice molto, purtroppo, sullo stato di salute della nostra democrazia.
Lo scollamento della classe dirigente con le nuove generazioni è reso ancor più esplicito se guardiamo ai conflitti che imperversano nel mondo negli ultimi due anni. Circa il 60% dei partecipanti al sondaggio concorda sul fatto che il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe estendersi fino al proprio Paese. Circa lo stesso numero respinge categoricamente l’idea di un servizio militare obbligatorio. Mentre il ministro della Difesa Crosetto parla di impegno del «governo per cercare il superamento del patto di stabilità e per favorire il percorso verso il 2% del Pil alle spese militari», solo il 17% dei giovani intervistati considera prioritario il rafforzamento delle nostre forze armate.
Checchesenedica, e a dispetto dei grandi proclami dell’esecutivo sul miglioramento della situazione economica e dell’occupazione, i giovani italiani (insieme ai greci) sono i più pessimisti per quanto riguarda la crescita economica, le opportunità di lavoro e l’equilibrio tra lavoro e vita privata, con aspettative che tendono a peggiorare. Vedono le società sempre più divise, dove le disuguaglianze e le discriminazioni nei confronti di poveri e minoranza sono sempre più evidenti. Il dramma della nostra epoca, osservando i comportamenti delle nuove generazioni, è che il 60% degli intervistati discute delle proprie idee politiche con gli amici e in famiglia e non ripone fiducia negli spazi politici, nei partiti, nei corpi intermedi, perché considerati “obsoleti”, spingendo per altre forme di partecipazione. Un dato che dovrebbe far riflettere la politica, soprattutto la sinistra che fa della socializzazione e della condivisione delle idee e delle lotte la sua raison d’être. Non si tratta di disinteresse, dunque, come spesso leggiamo e ascoltiamo, ma di capacità di dare spazio alle rivendicazioni dei giovani e di canalizzare il loro impegno all’interno di una piattaforma politica più ampia.
Secondo lo studio, le nuove generazioni sono motivate soprattutto dal cambiamento climatico. C’è chi, come il vicepremier e ministro degli esteri, Antonio Tajani, si riferisce all’ambientalismo come “religione” di cui “non abbiamo bisogno”, perché “una religione ce l’abbiamo già” e chi, invece, crede che l’ambientalismo sia il fondamento teorico per salvaguardare il nostro ecosistema. Non sappiamo su che pianeta viva Tajani, ma i giovani italiani sanno di vivere sul pianeta terra e vedono la battaglia contro la crisi climatica, essenziale. Il 68% di coloro che sono preoccupati per il riscaldamento globale si sono già impegnati in qualche modo, ad esempio facendo donazioni o firmando petizioni online. Lo studio mostra anche che molti desiderano il cambiamento e sono interessati a impegnarsi, ma sono molto meno quelli che agiscono davvero: Il 56% è favorevole alle proteste di piazza, ma solo poco meno di un terzo vi ha partecipato almeno una volta.
Come osserva Luca Iacoboni, responsabile relazioni esterne e strategia per la decarbonizzazione di Ecco, think tank italiano indipendente per il clima, «i giovani italiani sono preoccupati e disillusi rispetto al proprio futuro, ma allo stesso tempo vogliono migliorarlo». «Interessante leggere – continua – che il cambiamento climatico non è solo una delle priorità delle giovani generazioni, ma è anche legato a migliori condizioni di vita, un più forte stato sociale e un lavoro soddisfacente. Chi saprà coniugare l’azione climatica con la risposta all’attuale crisi sociale, riuscirà a far superare alle giovani generazioni la disillusione che attualmente esprimono, soprattutto rispetto alla politica dei partiti e alle istituzioni. La chiave per mobilitare le giovani generazioni è riaffermare i diritti “acquisiti” ma declinarli anche secondo la chiave della sostenibilità, assicurando ad esempio a tutti non solo il diritto alla casa, ma una abitazione efficiente e con basse bollette, modalità di trasporto non inquinanti all’interno di città più vivibili e un diritto al lavoro che sia sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale».
Dello stesso avviso è Esra Kücük, Ceo della Fondazione Allianz, che vede i giovani in una sorta di «sala d’attesa per il futuro». Questo non significa che vogliono aspettare passivamente il domani. Hanno cambiato le abitudini di consumo, boicottando prodotti considerati dannosi per l’ambiente, promuovono azioni eco-sostenibili ma, purtroppo – sottolinea il Ceo dell’organizzazione no profit – «spesso non sanno come impegnarsi». Anziché alimentare guerre generazionali, la società civile e la politica dovrebbe guardare a questi dati con attenzione e aprire una seria riflessione, in cui le nuove generazioni siano effettivamente parte attiva. Ne vale del nostro futuro perché, per dirla con Sandro Pertini, «i giovani costituiscono l’avvenire».