Ci risiamo. Se ricopri un incarico politico e ti azzardi a parlare in maniera critica del cattolicesimo vengono sguainate le spade dell’identitarismo cristiano e immancabili arrivano le richieste di dimissioni a mezzo stampa per presunte offese. Stavolta è toccato ad Alessandro Tesei, assessore all’ambiente e al turismo nel Comune di Jesi (e rubrichista di Left ndr). La sua colpa avere espresso un’opinione sui social: «Per combattere il patriarcato dovremmo seriamente mettere in discussione e sotto accusa l‘ideologia e la mentalità cattolica. Sennó si guarderebbe il dito e non la luna».
Come tutte le opinioni si può condividere o meno. Come tutte le critiche alle idee rimane tale e non si trasmette affatto alle persone che quelle idee abbracciano, alla faccia del tentativo passivo-aggressivo di chi chiede la testa dell’assessore in quanto seminatore di «odio e discriminazione nei confronti del mondo cattolico». Come se poi il mondo cattolico non avesse mille modi di pensare il tema sollevato da Tesei: quasi mezzo secolo fa arrivò una emblematica dimostrazione al riguardo su argomenti come divorzio e aborto, con l’esito misurato molto concretamente nelle urne. Infondato, quanto noioso, è poi il richiamo alle radici. Anche senza entrare nel merito, perché mai se «la cultura cattolica fa parte di un pezzo importante della cultura» della città di Jesi allora dovrebbe essere protetta da valutazioni critiche?
Solidarietà dunque ad Alessandro Tesei, per gli attacchi e le pressioni ricevuti da chi chiede di dimettersi o di pentirsi e ritrattare. Non bisogna cedere a chi vuole limitare il fondamentale diritto alla libertà di espressione e continuare a considerare intoccabili le idee quando c’è di mezzo la religione. Anzi, è il momento di rilanciare, di uscire dalla cagnara dei social e pensare invece all’amministrazione laica della cosa pubblica. Perché ci sono aspetti molto concreti che mostrano che a essere discriminati sono i non credenti e a essere privilegiate sono organizzazioni religiose fondate sulla disparità di genere.
Ad esempio il Comune di Jesi garantisce una sala dignitosa di proprietà pubblica per i funerali in forma laica? È un obbligo di legge, ma il condizionamento sociale – e chi vuole pensi che c’entri qualcosa anche la cultura cattolica – porta a pensare che se ci sono le chiese allora siamo a posto. Il Comune di Jesi versa una quota degli oneri di urbanizzazione secondaria alla Curia o alle parrocchie? Con una delibera del consiglio comunale sarebbe ora che venisse azzerata e che le risorse pubbliche siano destinate alla proprietà pubblica; non c’è che l’imbarazzo della scelta visto che tra le destinazioni previste per gli oneri di urbanizzazione secondaria vi sono anche l’edilizia scolastica, gli asili nido e le aree verdi. Infine, a Jesi nell’anno scolastico 2020/21 il 17% degli studenti non frequentava l’insegnamento della religione cattolica (Irc). Il Comune ha pagato la cedola libraria anche agli scolari dell’ora alternativa della primaria o solo il libro di testo per le lezioni religiose? Perché con l’Irc siamo in uno di quegli ambiti in cui il patriarcato si esprime nettamente. Spetta infatti all’ordinario diocesano – ossia il vescovo, ossia rigorosamente un uomo per la dogmatica connotazione basata sulla disparità di genere della Chiesa cattolica – scegliere a suo insindacabile giudizio chi può accedere al posto statale di insegnante di religione con relativo stipendio pagato dai contribuenti. La più grande forma di clientelismo in Italia, clericale e maschilista.
Roberto Grendene è segretario Uaar
In apertura Lorenzo Lotto, Annunciazione, Pala di Recanati 1534
La Madonna spaventata davanti all’imperioso annuncio dell’Arcangelo che prefigura un futuro di dolore per volere divino