«Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità». Queste potenti parole di Enrico Berlinguer campeggiano a lettere cubitali all’ingresso della mostra itinerante Il mondo di Berlinguer accogliendo i visitatori lungo tutto il percorso espositivo che traccia la vita politica del leader del Pci e il contesto storico-sociale in cui ha operato da segretario del partito, dal 1972 al 1984. L’esposizione, a cura di Adriano Chini, è partita, nella sua prima tappa, dai locali del Circolo Rinascita di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, storico circolo Arci e spazio che ha rappresentato uno dei principali luoghi di aggregazione politica di sinistra della rossa Toscana fin dagli anni 60.
Oltre 200 pezzi storici e materiali d’archivio, tra manifesti politici, articoli di giornale, fotografie immergono in maniera totalizzante in fotogrammi che a ritmo incalzante e cronologico, proiettano in quell’intervallo temporale di storia italiana a cavallo tra gli anni 70 e 80.

La sezione dedicata al 1972 apre il percorso espositivo con documenti originali – riprodotti come gigantografia – del XIII congresso del Pci che eleggerà Enrico Berlinguer a capo del partito. Poi diritti verso le sezioni successive, una per ogni anno fino al 1984, ciascuna caratterizzata da eventi macro che forniscono gli strumenti base per la lettura e la comprensione della mostra, intervallati da un numero imponente di manifesti del Pci, immagini iconiche di Berlinguer e quotidiani o settimanali, tutti in originale. In quegli anni la comunicazione politica avveniva prevalentemente attraverso volantini e manifesti, oltre che tramite i giornali: il linguaggio lontano da quello contemporaneo e un’iconografia che tratteggia la storia del Pci sono gli elementi caratterizzanti dell’esposizione. Il sociologo Edoardo Novelli nel suo libro I manifesti politici. Storie e immagini dell’Italia repubblicana (Carocci editore) descrive proprio il percorso che ha avuto la comunicazione politica italiana e considerando i manifesti politici «una fonte primaria e privilegiata per l’analisi di ambiti e campi come le culture, gli immaginari, i linguaggi della politica e della società italiana».
Ampio spazio è dedicato alla politica internazionale, i fatti del Cile del 1973, la questione palestinese, la costruzione di un modello alternativo di sinistra europea fondata sulle interlocuzioni strettissime con il Pce (Partito comunista spagnolo) e il Pcf (Partito comunista francese) e i loro rispettivi leader Santiago Carrillo e Georges Marchais e gli altrettanto intensi legami con Willy Brandt e Olof Palme (icona della sinistra mondiale assassinato nel 1986): approfondimenti frutto di un lavoro di attenta ricerca.
Un colpo durissimo, dominato da un sentimento di angoscia che pervade il visitatore, sono le sezioni degli anni dedicati alla strategia della tensione che consegnano il quadro di un’Italia instabile e cristallizzata nella paura: decine di morti, un susseguirsi di stragi e di vittime con una cadenza quotidiana. Oramai i ricordi di quegli anni per molti sono ovattati, ai nostri giorni si ricordano forse con troppa retorica, lontani però dal reale e drammatico impatto che hanno avuto sul nostro Paese. Un manifesto su tutti colpisce, quello che ritrae Aldo Moro durante il suo sequestro per mano delle Brigate Rosse, con la foto strappata, e la sua immagine senza volto accompagnata dalle parole, «Condanne a morte, proclami di guerra, paura e intimidazione, carceri segrete, ricatti alla stampa, sequestri e assassinii. Il loro nemico: la democrazia. – Sparano contro la libertà di tutti. NON SI CEDE AI RICATTI DEI TERRORISTI».
In successione gli anni dei movimenti per la pace, le tante manifestazioni, un moto sentito e imponente ma assente oggi. E questa mancanza odierna stride tra le immagini in mostra, con la riflessione sottintesa: non vi è il coraggio di produrre, oggi in Italia, una pace fattiva da parte di una sinistra del tutto evanescente su questo tema e su molti altri.
Infine la sezione del 1984: la drammatica morte di Berlinguer, i funerali di Stato, la lenta agonia di una nazione e la fine, sì la fine del Partito comunista italiano.
Come si esce dalla mostra? Commossi, perché proiettati emozionalmente in un periodo storico e nei suoi avvenimenti e vicini a un uomo e a un politico più grande di come già lo immaginavamo. Le immagini ancor più dei testi creano un forte impatto nella mente del visitatore, riaccendono sentimenti contrastanti e rivelano l’umanità di un leader e allo stesso tempo la sua tensione etica e la forza propulsiva che ha dedicato al nostro Paese per la costruzione di un mondo migliore. La quasi totalità del materiale esposto fa parte dell’archivio privato di Adriano Chini, curatore della mostra e del volume, figura di rilievo della politica fiorentina degli ultimi 50 anni come dirigente politico e come amministratore pubblico.

Tra gli appuntamenti in calendario de Il mondo di Berlinguer ricordiamo quelli in provincia di Firenze a Calenzano, dall’1 al 15 settembre organizzato dalla Casa del Popolo cittadina, a Scandicci presso il Castello dell’Acciaiolo nella seconda metà di ottobre organizzato dall’Associazione Arco in collaborazione con il comune di Scandicci e quello a Torrita di Siena nella prima metà di novembre.
Già dal mese di agosto parte invece un lungo itinerario di presentazioni del libro (edito da Genius Loci), un calendario denso da Firenze, a Grosseto, a Pistoia e altre date in via di definizione (aggiornamenti sulla pagina FB ilmondodiberlinguer) con l’obiettivo «di rispolverare la memoria storico-politica che dovrebbe favorire la riflessione per capire, e interrogarsi sui valori, le idee e fin anche gli stili di vita di Enrico Berlinguer. Non per celebrarlo ma per seguirne le scelte etiche e politiche».
L’autrice: Serena Pillozzi, coordinatrice editoriale de “Il mondo di Berlinguer”
In apertura e nel testo foto della mostra “Il mondo di Berlinguer” a Campi Bisenzio






