Il 12 agosto nessun esponente del governo ha partecipato all’ottantesimo della strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzema. C’era da aspettarselo. Del resto, silenzio e manipolazione della storia caratterizzano da tempo la linea del presidente del Senato La Russa e della presidente del Consiglio Meloni, che il 2 agosto è partita all’attacco di Paolo Bolognesi, portavoce dell’associazione dei familiari delle vittime della strage neofascista di Bologna. Come leggere queste e altre uscite di esponenti di Fratelli d’Italia? Lo abbiamo chiesto Benedetta Tobagi, storica e giornalista, autrice di molti libri, fra i quali i recentissimi Le stragi sono tutte un mistero (Laterza) e Segreti e lacune, Le stragi tra servizi segreti, magistratura e governo (Einaudi). Oggi, 14 agosto, Tobagi è a Sarzana, in dialogo con Davide Conti e Manlio Milani.
Tobagi, perché dopo diversi ergastoli, condanne definitive e accertamenti su chi ha finanziato e organizzato la strage di Bologna del 2 agosto 1980 c’è chi ne nega ancora la matrice neofascista ed eversiva?
C’è un discorso articolato e complesso che riguarda tutte le stragi. E ce n’è uno più specifico che riguarda quella di Bologna. Il mancato riconoscimento della matrice nera delle stragi da parte dalla subcultura di destra in Italia riguarda tutti gli eventi stragisti. Registriamo una mancata elaborazione del passato da parte della destra. L’atteggiamento prevalente è rimuovere tutte le pagine scomode dall’album di famiglia. Storicamente il Msi e An, e poi FdI, non hanno mai riconosciuto la responsabilità del terrorismo nero nello stragismo.
Perché alcuni gruppi parlamentari ed esponenti di governo non lo riconoscono?
Fra le caratteristiche del terrorismo nero c’è stata la porosità fra ambienti extra parlamentari ed eversivi e ambienti della destra legale. Si registrano molti casi di doppia militanza fra Msi e organizzazioni della destra extra Parlamentare con molti sconfinamenti in gruppi responsabili di attentati.
Da qui il tentativo di cancellazione di tutte le evidenze emerse faticosamente nei decenni?
Ha fatto molto gioco a questa prassi di negazione delle evidenze il fatto che le stragi siano state oggetto di depistaggi sistematici. Nella confusione le destre hanno avuto buon gioco nel negare ciò che emerge nei processi, dall’altra nell’assumere un atteggiamento vittimistico.
Esponenti della destra parlamentare, extraparlamentare, e perfino gruppi terroristici, lei scrive nel libro, hanno detto che le stragi sono state di Stato. Cosa c’è dietro?
Hanno copiato uno slogan della sinistra extraparlamentare, nato a difesa degli anarchici, inventato in occasione di piazza Fontana. Lo usano per dire che i terroristi neri sarebbero stati i capri espiatori delle stragi di Stato. E’ un meccanismo importante da capire e da segnalare perché decenni di indagini e di processi affermano, invece, che i depistaggi sono stati tutti e sempre a difesa dei responsabili di estrema destra delle stragi.
In questo quadro come rientra la strage di Bologna?
Nello specifico Bologna è stata oggetto di campagne innocentiste particolarmente feroci. I giovani Nar, i primi processati e condannati, erano proprio usciti dal grembo delle organizzazioni giovanili del Msi. A questo proposito ricordo un’intervista di Gian Antonio Stella nel 1994 a Mambro e Fioravanti dal titolo provocatorio “Noi all’ergastolo loro al governo”. In questo quadro rientra la battaglia di destra a difesa di Ciavardini. Dalle biografie di tutti loro si evincono legami personali e molte continuità con la destra di governo. Quanto all’inchiesta sulla strage di Bologna è stata segnata da una tale quantità di depistaggi da rendere particolarmente difficile arrivare a formulare un atto di accusa. Il complesso probatorio necessariamente indiziario (che non vuol dire inadeguato o tale da non garantire gli imputati) è stato preso di mira non solo da persone politicamente e culturalmente legate alla destra ma anche da settori dell’intellettualità di sinistra.
Si riferisce al comitato “E se fossero innocenti?”
Vi compaiono personalità di spicco come Luigi Manconi e Furio Colombo, insieme a molti altri. Tutto questo non ha fatto che alimentare la fabbrica dei dubbi intorno a Mambro e Fioravanti, rei confessi per molti delitti ma che non hanno mai riconosciuto la responsabilità dell’attentato alla stazione di Bologna.
Dai neofascisti Mambro e Fioravanti condannati per la strage di Bologna non arriva una parola di verità. La esigeremmo dalla presidente del Consiglio Meloni. Ma nel 2023 in occasione dell’anniversario del 2 agosto è stata quanto meno elusiva e quest’anno è partita decisamente all’attacco di Bolognesi. Che ne pensa?
Penso che in occasione di questo anniversario con tutta evidenza ci sia stata una intesa tra la presidente del Consiglio Meloni e il senatore La Russa, seconda carica dello Stato. In accordo hanno proposto una formulazione pilatesca: le sentenze attribuiscono l’attentato al terrorismo neofascista.
Perché pilatesca?
Basta fare il confronto con le affermazioni chiare del capo dello Stato Mattarella. Gli esponenti di destra parlano di attribuzione non di accertamento di un dato stabilito. E’ una formulazione che in questo modo lascia aperta una porta di servizio, una via di uscita per poi poter attaccare le sentenze della magistratura, come poi altri esponenti della magistratura hanno puntualmente fatto. Si conferma la grande scaltrezza comunicativa di questa destra di governo. Meloni ha scelto di attaccare Paolo Bolognesi utilizzando il registro su cui si muove più spesso che è quello del vittimismo, addirittura ha evocato minacce per la sua sicurezza personale. È gravissimo. Alcuni commentatori in scia sono arrivati a qualificare Paolo Bolognesi come esponente di un antifascismo radicale (cioè violento, che istiga all’odio, secondo il linguaggio di certi politologi). Parliamo di una persona che nell’attentato perse il padre di sua moglie mentre suo figlio rimase gravemente ferito. La statura di Bolognesi è paragonabile a quella di Secci, figura di grande spessore che si staglia nella memoria di Bologna. L’attuale portavoce non è stato la figura patetica e addomesticata che sarebbe evidentemente piaciuta alla presidente del Consiglio, ma si è mosso nel solco dell’esperienza dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna nata nel 1981 con lo scopo di ottenere verità e giustizia con ogni mezzo legale e democratico possibile e che si è caratterizzata per un grande impegno.
Bolognesi è stato attaccato per aver ricordato un fatto accertato: la strage di Bologna fu finanziata dai vertici della P2…
Ha richiamato alla memoria con grande chiarezza, e senza troppi giri di parole, gli elementi più gravi della strage di Bologna non “semplicemente” di matrice nera, ma con intrecci e legami con quel terreno in cui affondano le radici di questa destra di governo. Bolognesi ha ricordato il ruolo da protagonista che ebbe nella genesi della strage e nei depistaggi la loggia P2…una cosa imperdonabile per la destra. Ha ricordato come alcuni progetti e parole chiave della P2 (network di potere occulto che aveva un chiaro disegno di svuotamento della democrazia dall’interno) tornano nelle politiche di governo. E qui la questione chiave è che idea di democrazia abbiamo. Se temi della P2 ritornano, dobbiamo fare una seria riflessione politica. Ripeto, Bolognesi si è mosso in continuità con la storia dell’Associazione soffermandosi sugli aspetti politici gravissimi posti dalla storia della strage. E questo ha fatto scattare la presidente del Consiglio in modo scomposto. Paradossalmente questo scatto è stato un grande autogol del governo.
Perché?
È venuta giù una maschera. Difatti si continua da molti giorni a parlare di quella strage. Per la strage di Brescia non si è fatto altrettanto, benché fosse il cinquantenario, benché il presidente Mattarella si fosse recato a Brescia per dare centralità nel calendario civile della memoria della strage. Nonostante questo la strage era stata immediatamente oscurata da una vicenda come il turpiloquio fra Meloni e il presidente della Campania De Luca. La reazione stizzita di Meloni nel caso di Bologna ha acceso una discussione che è durata a lungo. Così come era stato quando La Russa disse assurdità sulla strage di via Rasella. Ebbe l’effetto collaterale di accendere una lunga scia di discussione nell’opinione pubblica che si mostra ancora vigile, attenta e sensibile.
Riguardo alla strage di Bologna Meloni è tornata ad evocare la pista palestinese parlando di segreti di Stato, quando non ce ne sono e come lei ben chiarisce. Tanto che il governo Renzi si limitò a declassificare alcuni documenti nonostante la propaganda. Che ne pensa?
Dal punto di vista comunicativo sono attive ormai da tempo operazioni molto “interessanti” per chi studia queste cose come me: l’espressione strage di Stato è stata fatta propria da parte delle destre. Ma si sono appropriati anche della battaglia per aprire gli armadi e ottenere gli accessi ai documenti; battaglia che storicamente appartiene alle associazione delle famiglie delle vittime delle stragi, un pezzo importante della società civile. In pratica la destra sostiene che dentro gli archivi dei servizi segreti ci siano documenti che provano la pista palestinese. Più specificamente negli ultimi anni gli appelli si sono concentrati su carte che sarebbero già state acquisite da commissioni parlamentari di inchiesta e ancora non consultabili da parte degli studiosi. Alcuni esponenti della destra di governo affermano di aver visto quelle carte e a loro dire conterrebbero prove della pista palestinese.
Entrando nel merito in che consiste la pista palestinese?
Ci fu un accordo in Italia dettato dalla più cruda ragion di Stato. Va sotto il nome di lodo Moro. Uno studioso come Lomellini suggerisce di chiamarlo lodo di intelligence perché fu un accordo di ragion di Stato condiviso da i massimi livelli delle autorità italiane con i principali terroristi palestinesi. Cosa diceva? Voi non fate attentati in territorio italiano e in cambio avete libertà di movimento per trasporto di uomini e armi sul territorio italiano.
Perché lo definisce accordo di ragion di Stato?
Perché implica che se non colpivano in Italia avrebbero colpito altrove. Quell’accordo cominciò a valere dal 1973 dopo la strage di Fiumicino e resse fino ai primi anni 80. La pista palestinese prese il via dopo l’arresto nel 1979 di un attivista palestinese e di un esponente dell’autonomia organizzata. Furono fermati mentre trasportavano un missile. La strage di Bologna sarebbe stata una ritorsione. La documentazione (compresa quella resa disponibile dal governo Meloni nel 2023) smentisce questa ipotesi. Proprio da quei documenti apprendiamo che i servizi segreti italiani continuarono a trattare con i Palestinesi. E poi nei primi anni 80 il palestinese in questione venne liberato. Dunque manca il presupposto della vendetta. Poi per onestà intellettuale dobbiamo riconoscere che c’è una radicale diversità fra il repertorio d’azione del terrorista palestinese e il terrorismo nero stragista. I terroristi palestinesi colpivano obiettivi mirati legati a Israele: Fiumicino, Monaco 82, dirottamente aerei.
La pista palestinese ha anche una variante…
Sì alcuni hanno sostenuto che la strage fosse stata la conseguenza di un trasporto di esplosivo, di quelli previsti dal lodo, finito male. Ma tutte le perizie hanno detto che il tipo di esplosivo che devastò la stazione di Bologna il 2 agosto 80 non era di quelli che esplodono in maniera incidentale. Ribadisco questa ipotesi non sta in piedi anche sulla base della documentazione che progressivamente è stata resa accessibile. Ovviamente questa evidenza non sembra interessare. Si continua a riproporre anche la battaglia per a trasparenza e qui vorrei sottolineare: sono battaglie comunicative. Quello che ci insegna la retorica della destra in tutto il mondo è che loro confidano nel fatto che su tu continui a ripetere in maniera martellante una tesi ignorando le tesi conterie ti porti dietro un pezzo di opinione pubblica.
Ecco un estratto, in anteprima, dell’ampia intervista a Benedetta Tobagi che uscirà su Left in edicola dal 6 settembre. Il 12 settembre all‘Archivio Flamigni di Roma, presentazione de Le stragi sono tutte un mistero, con l’autrice, la direttrice dell’archivio Ilaria Moroni e il magistrato Giovanni Tamburino. In collaborazione con Left
In foto:Manifestazione di protesta in piazza Maggiore a Bologna, durante la celebrazione dei funerali delle vittime. Foto di Beppe Briguglio, Patrizia Pulga, Medardo Pedrini, Marco Vaccari – http://www.stragi.it/index.php?pagina=associazione&par=archivio, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4490300