Il film del 1981 Il leone del deserto è stato, secondo la recensione dell’influente critico Vincent Canby del New York Times, «il più grande film di partigianeria del Medio Oriente o del Nord Africa uscito dai tempi di Exodus di Otto Preminger». Il film aveva appena fatto il suo debutto nelle sale degli Stati Uniti e il giudizio di Canby poteva essere determinante, scrive The Guardian. Eppure il film che Canby definì «spettacolare» è stato bandito in Italia per quattro decenni. Il 16 settembre, sei città italiane ospiteranno in contemporanea le proiezioni del film – grazie all’Ong Un Ponte Per. Questo evento senza precedenti richiede una attenta analisi del film, della sua storia e del suo contesto, e delle ragioni del bando quarantennale dell’Italia.
Possiamo affermare che la politica e il cinema sono intrinsecamente correlati. I governi, dopo tutto, influenzano notevolmente l’opinione pubblica, e la propaganda e la censura sono stati gli strumenti preferiti dai fascisti. Purtroppo queste strategie sono persistite a lungo anche dopo la caduta del regime fascista. È stata la politica, in fin dei conti, ad incentivare Gheddafi a finanziare il film e il motivo per cui l’Italia lo ha censurato.
Portare Hollywood nel deserto
Il leone del deserto, diretto dal regista siro-americano Mustapha Al-Akkad, è un epico film d’azione hollywoodiano che racconta la verità su un capitolo oscuro della storia libica da una prospettiva libica. Il film è basato sulla storia, che Al-Akkad ha studiato a fondo per un anno e mezzo. Akkad vede la leggendaria lotta di Al-Mukhtar come un simbolo della lotta araba ovunque nel mondo. Egli ha constatato che molti arabi combattenti per la libertà e figure storiche anticoloniali sono stati esiliati, a differenza di Al Mukhtar, che ha rifiutato l’esilio e ha scelto di morire nel suo Paese.
Il film racconta la storia del combattente per la libertà libico Omar Al-Mukhtar (Anthony Quinn), che ha combattuto l’occupazione italiana dopo l’invasione della Libia nel 1911. Il controllo italiano sulla Libia risultava limitato e inefficace, motivo per cui, nel 1929, Benito Mussolini (Rod Steiger) inviò il generale Rodolfo Graziani (Oliver Reed) per porre fine alla resistenza libica in corso. Il film racconta la battaglia tra i due, in una guerra squilibrata in cui i combattenti della resistenza libica erano armati con vecchi cannoni e cavalli ottomani, mentre i soldati italiani erano armati fino ai denti con macchine da guerra all’avanguardia. Il 16 settembre 1931, dopo 20 anni di combattimenti, lo spietato Graziani catturò e impiccò il 73enne Omar Al-Mukhtar.
Le riprese iniziarono a marzo del 1979 e si conclusero in ottobre dello stesso anno. La maggior parte dei luoghi delle riprese erano i reali luoghi in cui si sono svolti gli eventi. Gheddafi non badò a spese per realizzare il film, coprendo un budget di 35 milioni di dollari (140 milioni di oggi). Il casting comprendeva circa 250 attori provenienti da tutto il mondo e circa 5000 comparse.
Propaganda e censura
Il leone del deserto è stato distribuito in tutta Europa dopo essere stato presentato in anteprima mondiale a New York nell’aprile del 1981 e al Festival di Cannes nel 1982. Tuttavia, in Italia, è stato bandito e non ha ricevuto il “visto” della censura. Secondo le parole del sottosegretario degli Esteri in carica all’epoca, Raffaele Costa, del governo Andreotti, il film era «lesivo dell’onore dell’esercito».
Dopo la firma dell’accordo italo-libico con Berlusconi, in cui l’Italia riconosceva il suo passato coloniale e prometteva di risarcire i libici sotto forma di investimenti, Gheddafi fece una visita a Roma nel 2009. A parte la tenda di lusso che è stata allestita a Villa Doria Pamphili, la proiezione del film è stata una delle richieste di Gheddafi a Silvio Berlusconi. Il film venne trasmesso un’unica volta sulla rete Sky Cinema Classics il giorno dopo l’arrivo di Gheddafi a Roma, l’11 giugno 2009. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Gheddafi di rivendicare l’eredità di Omar Al-Mukhtar, Il leone del deserto ha una propria matrice antiautoritaria e trascende il regime che lo ha finanziato. Due anni dopo, durante la rivolta contro il regime di Gheddafi nel 2011, Omar Al Mukhtar è stata la figura che ha spronato i libici per unirsi nella lotta contro Gheddafi, ispirandoli a recitare le sue parole dal film: «Non ci arrendiamo, vinciamo o moriamo».
Far conoscere Il leone del deserto
Portare questo film nelle sale italiane fa parte di un più ampio e ambizioso progetto dell’organizzazione no-profit Un Ponte Per, che mira a contribuire a recuperare la memoria e la consapevolezza del colonialismo italiano nella coscienza collettiva. Questa proiezione è stata il frutto di una lunga ricerca dei possessori dei diritti poiché in Italia non c’è un distributore cinematografico autorizzato, il regista siriano è morto in un attentato di Al Qaeda con la figlia e la società statunitense che ha prodotto il film non esiste più. Dopo diversi tentativi, Un Pone Per ha trovato una società straniera che detiene ancora i diritti di distribuzione in tutto il mondo e ha negoziato l’acquisto dei diritti per dieci proiezioni. Hanno potuto richiedere l’autorizzazione al ministero della Cultura come “auto-distributori”, con l’assistenza di un’agenzia italiana.
Abbiamo “liberato” Il leone del deserto dalla censura, e oggi può quindi essere proiettato liberamente in tutte le sale che lo vorranno, e Un Ponte Per solleciterà le sale e le associazioni a farlo. Chiunque sia interessato a proiettare il film nei prossimi mesi può contattare: [email protected]
l’autore: Khalifa Abo Khraisse è regista e sceneggiatore
Traduzione di Valbona Kunxhiu
In foto: Rodolfo Bigotti e Irene Papas
Opera propriaRodolfoBigotti