Mercoledì 4 settembre i fan di Temptation Island devono aver pensato che il loro
programma preferito avesse traslocato dalle reti Mediaset addirittura al Tg1, sulla
principale rete della Tv pubblica italiana.
Alle 20:30, infatti, iniziavano ben 17 minuti di intervista del direttore del Tg1 al ministro
della Cultura Gennaro Sangiuliano (già direttore del Tg2, carica ricoperta fino alle elezioni politiche del 2022 in quota ultradestra) che confessava tra le lacrime – forse vere, forse fake – di aver avuto una relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, la donna che il 26 agosto aveva affermato sui social di aver ricevuto dal ministro l’incarico di «consigliere per i Grandi Eventi».
È quindi con un semplice post social che scoppia il gossip dell’estate. Alle 13:33 del 26 agosto Maria Rosaria Boccia è ancora un’illustre sconosciuta. Le cose stanno per cambiare. È a quell’ora che su Facebook e Instagram scrive: «Grazie al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per la nomina a consigliere per i Grandi Eventi».
Un’ora prima, si scoprirà poi (il documento è stato mostrato durante l’intervista al Tg1), il
ministro Sangiuliano aveva inviato una mail a un suo collaboratore. Sono le 12:31 del 26
agosto: «In merito alla nomina a consigliere a titolo gratuito della dottoressa Maria Rosaria
Boccia accogliendo le perplessità circa potenziali situazioni di conflitto di interesse ti prego
di non procedere al riguardo e di non perfezionare gli atti. Dunque, la nomina non esiste».
Il sito di gossip Dagospia alle 18:20 pubblica un post intitolato: «Chi è e soprattutto chi si
crede di essere la bombastica 41enne nativa di Pompei che annuncia su Instagram la sua
nomina a consigliere». Lo stesso sito riporta che il portavoce del ministro Sangiuliano
avrebbe smentito: «Notizia falsa…, mai stata nominata consigliere del ministro».
«Quella nomina non esiste, la dottoressa Boccia cerca di accreditarsi senza averne
motivo», fanno poi sapere dallo staffa del ministro.
La smentita, come sa chiunque faccia giornalismo, è una doppia notizia.
Così Maria Rosaria Boccia diviene repentinamente un personaggio pubblico, un nome
che circola sulle bocche di giornalisti, addetti ai lavori e, sempre più rapidamente, su
quelle di comuni cittadini. Le ricerche sul suo conto si moltiplicano. Si scorrono i suoi profili
social, i media cominciano a pubblicare le numerosissime foto scattare in occasione di
incontri pubblici presenziati insieme al ministro Sangiuliano.
È scoppiato il Boccia-Gate. Veniamo così a sapere che per tutta l’estate Sangiuliano ha fatto il giro d’Italia accompagnato da Maria Rosaria Boccia. Non c’era appuntamento cui lei mancasse: festival, musei, cerimonie, ma anche pranzi e ombrelloni al mare. Occasioni ufficiali, riunioni di lavoro ma anche momenti di svago e relax. Sanremo, Taormina, Polignano, Rimini, Milano. E poi Pompei. La sua città. Quella che, peraltro, dovrebbe ospitare alcuni passaggi dell’imminente G7 Cultura. Cominciano ad affiorare le prime domande. In virtù di quale incarico Boccia ha accompagnato il ministro? Sono stati spesi soldi pubblici per lei in assenza di incarichi ufficiali? È stata messa a parte di informazioni
riservate e/o sensibili? Sangiuliano giura e spergiura – per ultimo nell’intervista al Tg1 – che non è stato speso denaro dei cittadini: «Mai pagato nemmeno un caffè a Boccia». Lei, però, risponde: «Mai pagato nulla, mi è sempre stato detto che il MiC rimborsava le spese» (nell’intervista al Tg1 Sangiuliano affermerà poi di aver provveduto con la propria carta di credito personale a pagare le spese sostenute da Boccia). È lo schema che caratterizza fin dall’inizio l’intera vicenda: il ministro parla, spiega, soprattutto nega; Boccia risponde sul suo instagram smentendo la versione di Sangiuliano. Più Sangiuliano cerca di prendere le distanze, di minimizzare il ruolo svolto da Boccia negli ultimi mesi, più lei pubblica sul suo Instagram. Centellina foto che hanno l’obiettivo di dimostrare la sua organicità al ministero e la sua vicinanza al ministro. Insinuando il dubbio in chi le guarda, che ce ne possano essere molte altre, anche più imbarazzanti per il ministro. E il sito di gossip Dagospia fa il suo lavoro, cioè fa gossip. Mostra che quando Sangiuliano è in compagnia di Boccia non indossa la fede nuziale.
La storia assume i contorni di una commedia all’italiana. Presto, però, si passa a un altro genere e l’intrigo diventa una sorta di spy-story. Al confine, però, con la farsa. L’attenzione si sposta dalla “relazione affettiva” extraconiugale di Sangiuliano alla possibilità che il ministro abbia permesso a Boccia di venire al corrente di informazioni
riservate. Al centro dell’attenzione è soprattutto il prossimo G7 Cultura, che si terrà dal 18 settembre tra Napoli e Pompei (a questo punto è in forse). Sangiuliano afferma che Boccia non ha avuto accesso a documenti riservati. Lei replica. È lunedì 2 settembre. Mentre sulla TV berlusconiana Rete 4 (rete chiave per comprendere l’ascesa dell’ultradestra in Italia) va in onda un’intervista a Giorgia Meloni che ripete le rassicurazioni ricevute da Sangiuliano, Boccia invia a un altro programma Televisivo – In Onda, sul La7, di proprietà di Urbano Cairo, editore anche del principale quotidiano italiano, il Corriere della Sera – la notizia che a breve avrebbe pubblicato sul suo account informazioni interessanti. Sul suo profilo Instagram compaiono due fogli sui quali si distingue l’intestazione del G7.
Boccia però non si ferma qui. Anzi, in un crescendo degno di miglior thriller, diffonde una
mail ricevuta il 10 luglio dal ministero della Cultura in cui si legge della sua “nomina” a
“Consigliere del Ministro per i grandi Eventi”. Ancora: l’audio di una telefonata intercorsa
col funzionario del Gabinetto di Sangiuliano.
Dunque Boccia registrava le telefonate.
Non solo. Ci sono infatti video all’interno del Parlamento italiano che Boccia sostiene di
aver registrato con una telecamera nascosta negli occhiali. Illegale o meno che fosse – dal
2002 è fatto divieto di realizzare video all’interno del Parlamento senza previa
autorizzazione – il mistero della spy story si infittisce. Boccia è forse in possesso di video di conversazioni politiche compromettenti per il ministro Sangiuliano?
Nell’intervista al Tg1 Sangiuliano afferma “non sono ricattabile”. Sarà vero? A Meloni non
resta che sperarlo. Ma chi può dirsi sicuro di quest’affermazione?
1. Quello che però emerge è che difficilmente qualcuno metterebbe onestamente la mano
sul fuoco sull’affermazione del Ministro. Perché ciò che è in crisi, al di là del suo ruolo, è la
sua stessa credibilità. In politica la credibilità è una delle risorse chiave. Difficile da costruire, facilissima da bruciare e quasi impossibile da ricostruire. Sangiuliano è oggi
poco credibile non perché abbia avuto un’amante quanto perché nella sostanza ha
mentito. Ha provato a negare, a nascondere, a minimizzare. Solo perché messo alle
strette dalla situazione che si è creata, ha “confessato” nel corso dell’intervista al Tg1 (con
domande presumibilmente concordate col direttore meloniano Chiocci).
2. Non è un caso che l’intervista al Tg1 abbia spostato l’attenzione dal piano delle
questioni più politiche richiamate sopra al gossip alla Temptation Island: moglie, amore,
tradimento, amante. Sangiuliano andava mostrato nella sua fragilità di essere umano
“normale”, con le “normali” debolezze di tutte e tutti noi. Lo scopo era creare, se non
un’identificazione, quanto meno una disponibilità al perdono di fronte alle lacrime versate
quando ha nominato la persona più importante, una persona “eccezionale”, la moglie.
3. Proprio sull’intervista del Tg1 le opposizioni giustamente incalzano. Perché la
grammatica istituzionale vorrebbe che un ministro riferisse in Parlamento e non in TV –
per di più non davanti a un direttore di telegiornale politicamente vicino all’ultradestra, da
cui è stato nominato per quell’incarico. È TeleMeloni all’ennesima potenza. La TV pubblica
piegata nuovamente agli interessi privati. Non tanto e non solo di Sangiuliano, quanto di
tutta la sua parte politica, che è quella che oggi gestisce la RAI. Altrettanto vero, però, che
le regole della comunicazione della società in cui viviamo prevedono la rapidità. Il Boccia-
Gate è scoppiato il 26 agosto, l’intervista del TG1 è del 4 settembre; 8 giorni possono
essere un’eternità, figuriamoci i tempi istituzionali, necessariamente più lenti. Si può
protestare perché sta cambiando (è già cambiato) l’equilibrio di poteri, ma è un po’ come
un abbaiare alla luna.
4. La reazione di una parte dell’opposizione, politica e non solo, evidenzia – se ancora ce
ne fosse bisogno – un’attitudine che dire snob è dir poco. In particolare dall’area
dell’estremo centro liberista, si contrappone l’estrema attenzione che sta ricevendo il
Boccia-Gate con quella relativamente scarsa di cui è oggetto il rapporto sulla competitività
stilato da Draghi su incarico della Commissione Europea di Ursula von der Leyen.
Che il potere mediatico pratichi la distrazione, indirizzando attenzione e interesse per temi
comodi al potere politico ed economico non è affatto una novità. Ogni giorno ci sono 4
morti ammazzati sul lavoro, per dirne una, e mai è notizia da prima pagina. La costruzione
dell’agenda del Paese è uno dei poteri più significativi dei media. Ma l’estremo centro
liberista palesa il suo disprezzo per il “popolo bue” (quello che va da parrucchieri ed
estetiste, come qualcuno ha scritto su X) e invoca il potere di presunte élite politico-
intellettuali. Che, guarda caso, sono quelle che loro identificano con la modernità:
europeiste, atlantiste, belliciste, liberiste.
C’è stato poi l’ex direttore del Corriere della Sera e attuale membro dell’Aspen Institute
Italia, Paolo Mieli, che ha definito Maria Rosaria Boccia, una “pompeiana esperta”.
Utilizzando la provenienza di Boccia (Pompei) e l’illazione secondo cui avrebbe praticato
l’arte della fellatio (in italiano si usa il termine “pompino”, “pompinara”), Mieli si è prodotto
in un gioco di parole che ben esprime il sessismo e il machismo dell’élite culturale del
Paese.
5. Se oggi tra i ministri del governo Meloni Sangiuliano è quello più vicino alle dimissioni (o
a essere dimissionato) è perché il Boccia-Gate tocca nervi scoperti nell’ultradestra di
governo. Quando il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida affermò che non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica come un qualsiasi suprematista e/o cospirazionista, non ci sono stati particolari imbarazzi. Perché, al di là dell’espressione utilizzata, il concetto esprime posizioni tutt’altro che lontane dalle linee politiche dell’ultradestra. Quando i dipendenti della Visibilia Editore e della Visibilia Concessionaria, società all’epoca riconducibili all’attuale Ministra del Turismo Santanché, hanno testimoniato di aver continuato a lavorare in smart working all’epoca del Covid malgrado le aziende
stessero usufruendo dei soldi pubblici previsti da un ammortizzatore sociale (la Cassa
Integrazione Covid a zero ore) per usufruire del quale, invece, avrebbero dovuto essere a casa per lavora c’è stato qualche tentennamento e poco più.
L’ultradestra di governo è espressione di una cultura in cui l’imprenditore è un eroe
vessato dai lacci e lacciuoli dello Stato, nonché dal sindacato. Se quindi infrange qualche
legge, in fondo lo fa per difendersi ed è sempre giustificato. È la stessa cultura che ha
portato Meloni a parlare delle tasse come “pizzo di Stato”.
Cos’è che rende invece più precaria la posizione di Sangiuliano? Se è vero che la
“famiglia tradizionale” fondata sulla relazione esclusiva e indissolubile tra uomo e donna,
sancita dal matrimonio, invocata di continuo è un riferimento quasi mitologico e sicuramnte
astratto – perché non c’è nulla di più tradizionale di una famiglia in cui giochi un ruolo
anche l’amante, purché non emerga alla luce del sole – è altrettanto vero questo
comportamento ormai pubblico di Sangiuliano può cozzare con l’universo culturale e
valoriale di settori sociali che sostengono l’ultradestra.
6. Per il momento Giorgia Meloni ha rifiutato le dimissioni offerte da Sangiuliano e l’ha
invitato ad andare avanti. Dalle opposizioni sostengono sia per timore di un rimpasto di
governo che sarebbe il via libera agli appetiti di Lega e Forza Italia. Potrebbe però esserci
un altro motivo. Meloni ha sempre dimostrato di proteggere il ristretto gruppo di persone di
cui si circonda. Una sorta di cerchio magico da difendere a ogni costo, perché il suo
sgretolamento equivarrebbe a uno sgretolamento della base dell’organizzazione del
potere istituzionale dell’ultradestra.
Meloni sa bene che in tempi di comunicazione istantanea spesso assistiamo a tempeste in
un bicchier d’acqua, che passano rapidamente senza lasciare particolari strascichi.
Almeno è la sua speranza.
L’autore: Giuliano Granato è portavoce di Potere al popolo, questo articolo è stato pubblicato in collaborazione con Canal red diretto da Pablo Iglesias
In foto il ministro Gennaro Sangiuliano. Foto di Marioluca Bariona