Dal carcere di estrema sicurezza in cui è rinchiuso il leader del Pkk ne ha chiesto lo scioglimento e la fine della lotta armata. Ma c'è da fidarsi di Erdogan?

Il messaggio di Ocalan che, per la libertà e l’autodeterminazione del popolo curdo ha scelto la soluzione politica, proponendo lo scioglimento del Pkk e la fine della lotta armata, è un coraggioso e lucido atto rivoluzionario. Quale è stato, a mio avviso, l’appello di Ocalan il Gramsci contemporaneo, che ha saputo indirizzare e dirigere la commovente resistenza del popolo curdo anche dal tremendo carcere di Imrali, in cui è rinchiuso in condizione di totale isolamento da 25 anni. L’obiettivo, di importanza storica e emotivamente forte, è la salvezza delle magnifiche esperienze di Kobane, del Rojava (con il ruolo delle donne contro il capitale e il patriarcato), delle esperienze rivoluzionarie, importanti per tutto il Medio Oriente e anche per noi europei, ispirate dal pensiero del confederalismo democratico, di autogoverno nel Nord Est della Siria.

Nonostante l’inaudita condizione carceraria, ogni appello alla società di Ocalan ha avuto incidenza e creato una forte reazione popolare. Tanto più questo appello. Si tenga conto che il Pkk, per il popolo curdo, non è solo un partito, ma l’organizzazione della connessione sentimentale. La richiesta del suo scioglimento scuote, quindi, il popolo curdo: si accavallano, si inseguono, a volte si contrappongono entusiasmo per la pace e timore per le condizioni che verranno da Erdogan imposte. Un ruolo importante sta svolgendo il partito Dem, una forte e diffusa sinistra turco/curda, che ha un importante insediamento istituzionale e governa centinaia di Comuni, con tanti sindaci che, spesso, subiscono repressione, destituzione da parte del governo turco. È decisivo, quindi, che il Dem consideri l’appello di Ocalan una “opportunità storica per la pace.

La nostra prospettiva fondamentale nel prossimo periodo si concentrerà sull’espansione dei poteri delle amministrazioni locali; sull’assicurazione di garanzie costituzionali per la lingua madre, l’identità e i diritti religiosi; sul rilascio dei prigionieri politici e l’attuazione di riforme legali”. Bisogna, ora, fare i conti con le contraddizioni interne al sistema politico e militare turco. Finora il governo turco prende tempo, senza i necessari, precisi impegni. Giustamente il Pkk, accettando l’appello di Ocalan, ritiene urgente rimuovere gli ostacoli che impediscono ad Ocalan di essere parte centrale del processo di pace. Dalle montagne della resistenza curda, il Pkk dichiara un cessate il fuoco “per aprire la strada all’attuazione dell’appello del leader Apo per la pace e una società democratica. Siamo pronti a convocare il congresso.

Tuttavia, affinché ciò accada, è necessario creare un ambiente di sicurezza adeguato e il leader Apo deve guidare e gestire personalmente il congresso affinché abbia successo”. Il governo turco è diviso; il potere militare turco intende continuare la guerra, schiacciare la resistenza curda. Mentre, intanto, si intensificano gli attacchi militari contro la Siria del Nord Est, mentre l’artiglieria pesante delle milizie islamiste filoturche e i raid aerei attaccano la diga di Tishreen, che è la faglia di resistenza eroica dell’Amministrazione autonoma, che è curda ma rappresenta anche altre etnie importanti che vivono in pace. Un esperimento politico, istituzionale, umano che è temuto dalle oligarchie e dai califfati mediorientali. Per questo motivo tentano di distruggerlo, perché potrebbe aprire gli occhi ai popoli mediorientali. Siamo, insomma, sul filo di un’aspra trattativa. L’appello di Ocalan ha aperto un orizzonte storico di pacificazione. Il suo fallimento, per responsabilità del governo turco, aprirebbe il baratro di una guerra ancora più distruttiva. Possibile che l’Europa continui a tacere, appoggiando, nei fatti, Erdogan? E il governo e il Parlamento italiano perché fingono di non ricordare che il Tribunale di Roma ha concesso ad Ocalan l’asilo in Italia?

L’autore: Giovanni Russo Spena è costituzionalista e attivista politico

In foto WP una manifestazione pro Ocalan, a Londra 

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