Eccola, la nuova vecchia linea politica del partito: usare gli eventi del mondo per logorare la segreteria di turno

E così, un mercoledì di metà marzo, il Partito democratico si scopre incapace di trattenersi dalla sua natura. A Bruxelles, il delicato voto sul faraonico progetto di riarmo (in ordine sparso) di Ursula von der Leyen è l’occasione per mettere in discussione la segreteria.

Persino il presidente del partito, Stefano Bonaccini, per la prima volta si schiera contro la linea ufficiale e rompe quello che finora era sembrato un patto di non belligeranza con Elly Schlein. Con lui ci sono Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo.

La linea della segretaria era ed è chiara: la sicurezza europea è fondamentale, ma non può passare da una corsa alle armi di 27 singoli Stati, per di più a discapito del già fragile welfare europeo, impoverito da crisi e pandemia. La cosiddetta ala riformista risponde: «Non votare il piano ReArm Europe ci avrebbe isolati». La differenza tra isolarsi e distinguersi è sottile, e su quel crinale si gioca tutto lo scontro.

Verrebbe da pensare, più banalmente, che una componente del partito – la solita, da sempre – non vedesse l’ora di disconoscere una segretaria democraticamente eletta, in vista delle prossime elezioni del 2027. Non vedevano l’ora di farlo, e la guerra, si sa, è da sempre un’ottima occasione di polarizzazione.

Eccola, la nuova vecchia linea politica del partito: usare gli eventi del mondo per logorare la segreteria di turno. Di nuovo, eccoci qua.

Buon giovedì.