Nel Medio Oriente scosso da nuove tensioni, la decisione del Pkk di abbandonare la lotta armata apre uno spiraglio storico di pace: un gesto simbolico e potente che interpella l’Europa che invece si riarma

In un momento storico in cui in Europa si discute l’aumento esponenziale della spesa pubblica in armamenti, la cerimonia in cui il Pkk brucia le armi per sancire la fine della lotta armata ci deve far riflettere.

I primi giorni di luglio ho preso parte ad una delegazione internazionale in visita al partito Dem ad Istanbul, che chiedeva la liberazione di Öcalan e di tutti i detenuti politici e d’opinione in Turchia, oltre a una richiesta simbolica di una visita nel carcere di massima sicurezza di Imrali dove il leader curdo è detenuto dal 1999.

Sono mesi in cui ci sono state repentine evoluzioni della situazione curda, dagli esiti ancora molto incerti ma che certamente aprono una scenari rilevanti per gli equilibri in Medio Oriente e quindi per tutto il pianeta, specialmente da noi in Occidente.

Nella regione siriana del Rojava sappiamo che ruolo fondamentale abbiano avuto i guerrigliere e i guerriglieri del Pkk nello sconfiggere l’Isis costruendo un prototipo di confederalismo democratico teorizzato da Öcalan. Il supporto americano al Pkk in Rojava entrò già in crisi durante la prima amministrazione Trump, è proseguito con l’ impunità del governo turco da parte dell’amministrazione Biden e si sfalda definitivamente con la seconda amministrazione Trump, che ritira il supporto. Infatti, durante la sua prima amministrazione egli ha notoriamente scavalcato il Pentagono per ordinare un caotico ritiro parziale delle truppe statunitensi di stanza nel Rojava, aprendo la porta ad una mortale invasione turca che ha ucciso centinaia di persone e sfollato centinaia di migliaia di locali. Ad inizio 2025, reinsediatosi Trump, si comincia a parlare di un piano americano per la ritirata delle truppe dalla Siria, quando il governo siriano di Al Sharaa, vicino ad Erdoğan, non collabora con le forze di difesa curde, che sono quindi sempre più deboli.

E sempre nello stesso periodo, l’11 gennaio 2025, l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), denuncia come le forze turche abbiano lanciato un attacco con un drone contro una centrale elettrica nel villaggio di Gir Kendal, nel Rojava. Oltre 70 persone uccise in un attacco che colpisce infrastrutture civili di primaria importanza a livello economico, ambientale ed energetico. L’impunità della Turchia in Siria è aumentata anche grazie al fatto che in questi anni

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