Lo storico israeliano riceve il Premio Chiarini. Nel suo nuovo libro "La fine di Israele" - che viene presentato il 6 ottobre a Roma - denuncia il genocidio di Gaza ma indica anche, alle nuove generazioni, la possibilità di una pace giusta in Palestina

Insignito a Modena con il 16esimo Premio Internazionale Stefano Chiarini, Ilan Pappé è professore di Storia all’Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli Studi etno-politici sulla Palestina presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Exeter (Regno Unito). Lo storico israeliano è anche autore di numerosi, importanti saggi.

Nella sua lectio magistralis in occasione del premio e nel suo nuovo libro, La fine di Israele edito da Fazi (che viene presentato dall’autore con Daniele Mastrogiacomo il 6 ottobre alla Feltrinelli in via Appia Nuova a Roma) Pappé denuncia il massacro del popolo palestinese  ancora in atto, riuscendo a tenere accesa una speranza per una pace giusta in Palestina, affidata alle nuove generazioni.

Di fatto La fine di Israele è la summa dell’analisi storico-politica del noto storico israeliano, un contributo fondamentale per comprendere quanto sia insostenibile il progetto sionista e quale potrebbe essere la via percorribile per il futuro della Palestina.

Pappé preconizza: “Stiamo assistendo all’inizio della fine dello Stato di Israele”. Dopo l’attacco di Hamas del 7 Ottobre e mentre prosegue il genocidio a Gaza perpetrato dall’Idf, il progetto sionista in Palestina – tentativo secolare dell’Occidente di imporre uno Stato ebraico in un Paese arabo – è destinato a una “disintegrazione inevitabile”.

Dopo opere considerate pietre miliari nella storiografia del conflitto israelo-palestinese, nel suo nuovo saggio appena pubblicato,  Pappé sposta lo sguardo sul futuro di Israele e della Palestina. Diviso in tre parti, nella prima – Il collasso – Pappé esamina il fallimento del cosiddetto “processo di pace” ed evidenzia le fratture profonde che minacciano la stabilità di Israele: l’ascesa del sionismo religioso, le crescenti divisioni all’interno della società israeliana, l’allontanamento dei giovani ebrei dal sionismo, il sostegno dell’opinione pubblica mondiale alla causa palestinese, la crisi economica e la messa in discussione dell’invincibilità militare di Tel Aviv.

Nella seconda parte – La strada per il futuro – l’autore delinea sette mini rivoluzioni cognitive e politiche necessarie per costruire un avvenire migliore per tutti gli abitanti della Palestina storica: da una nuova strategia per il movimento nazionale palestinese alla giustizia transitoria e riparativa sul modello sudafricano, dal diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alla ridefinizione dell’identità collettiva ebraica.
Nella terza parte – La Palestina del dopo-Israele, anno 2048 – Pappé offre una preziosa visione di speranza e riconciliazione. Immagina un domani in cui le mini-rivoluzioni abbiano avuto successo e descrive come potrebbe essere la vita in uno Stato palestinese democratico e decolonizzato, con il ritorno dei rifugiati, la coesistenza di ebrei e palestinesi come cittadini con pari diritti e la guarigione delle ferite del passato. Un’idea di futuro ben lontana dai progetti coloniali stile Gaza riviera.