L'israeliano Ilan Pappé - tra i più autorevoli new historians (un movimento di storici israeliani che sfidano le letture tradizionaliste della storia israeliana) - ha ricevuto il Premio Chiarini a Modena tenendo una lectio magistralis e poi dialogando con il pubblico. Da poco è uscito in Italia il suo libro La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina (Fazi editore). Siamo tornati ad intervistarlo.
Professore, in principio, cos’era il progetto sionista? La sensazione, tra ebrei e non ebrei, specialmente nell’Europa centrale e orientale, era che l’Europa non sapesse come affrontare la propria “questione ebraica”, che gli ebrei non sarebbero mai stati accettati come europei. Così, diversi gruppi di attivisti, intellettuali, politici iniziarono a dire: “Bene, forse la soluzione è che gli ebrei vadano fuori dall’Europa”. E alcuni ebrei dissero: “Noi abbiamo una forte connessione con la Palestina, grazie alla Bibbia, e forse dovremmo ridefinire l’ebraismo non come religione, ma come movimento nazionale, abbiamo bisogno di una patria, quindi torniamo al luogo da cui siamo venuti 2000 anni fa”. Il che storicamente non è vero, perché la maggior parte degli ebrei non proviene dalla Palestina, ma questa è un’altra storia.
I cristiani pensarono che questa fosse una strada da percorrere? Sì, soprattutto gli evangelisti credevano che andando in Palestina gli ebrei avrebbero aperto alla seconda venuta del Messia, la fine dei tempi. Credevano che tutto ciò fosse parte del piano di Dio. Gli imperialisti britannici intanto pensavano: “Se gli ebrei vanno in Palestina, possiamo togliere la Palestina ai Turchi, all’Impero Ottomano”. La Gran Bretagna decise di sostenere l’impresa, anche se c’erano solo 20mila sionisti in Palestina, sposò il progetto politico per costruire uno Stato ebraico in Palestina. Cominciò così il colonialismo d’insediamento (settler colonialism) in Palestina. Era già successo, quando in Europa una popolazione non era più la benvenuta cercava di costruire una “nuova Europa” altrove - così nacquero gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda. Inizialmente a queste comunità facevano riferimento a un impero, salvo poi cercare di liberarsene lottando contro di esso.
Cosa accomuna i movimenti coloniali di insediamento nelle varie parti del mondo?
In America, in Australia o in Palestina hanno dovuto affrontare tutti lo stesso problema: qualcun altro vive già nei luoghi dove ci si vuole stabilire, quindi si ritiene che la soluzione migliore sia rimuovere o eliminare la popolazione nativa. Il sionismo Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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