Fahima Noori aveva grandi sogni quando si è laureata all’università in Afghanistan. Ha studiato giurisprudenza prima di prendere la laurea in ostetricia e aveva anche lavorato in una clinica di salute mentale. Ma tutto il suo futuro le è stato portato via progressivamente dopo che i talebani sono saliti al potere nel 2021 in seguito al ritiro definitivo delle forze armate statunitensi dal Paese mediorientale. All’inizio di ottobre ogni sua speranza di realizzazione sociale è andata definitivamente in frantumi quando i talebani hanno imposto il blocco delle connessioni internet in fibra ottica in diverse province, affermando che rientrava in un’iniziativa volta a prevenire l’immoralità. Per Fahima, internet era l’ultima ancora di salvezza per restare in contatto con il mondo esterno. «Speravo di trovare un lavoro attraverso il web», ha detto alla Bbc che ha raccolto la sua e altre testimonianze di giovani afghane senza indicare il vero nome per proteggerle da violente ritorsioni.
Le cifre del silenzio: milioni di ragazze escluse dall’istruzione
Questa misura repressiva dei talebani non è che l’ultima in ordine di tempo di una serie di “norme” legate alla Sharia messe in atto contro le donne in Afghanistan, tra cui il divieto alle bambine di età superiore ai 12 anni di ricevere un’istruzione, il divieto di iscrizione che dal 2022 ha negato l’accesso all’università a oltre 100mila studentesse e la chiusura “silenziosa” alla fine del 2024 di uno degli ultimi percorsi di formazione superiore e di accesso al lavoro a cui potevano partecipare le donne, i corsi di ostetricia. Solo dieci giorni prima del blocco di internet i talebani avevano imposto nelle università un altro divieto di matrice religiosa e misogina, negando agli studenti la possibilità di utilizzare libri scritti da donne. Né romanzi, né saggi, né manuali di medicina o diritto, i testi firmati da autrici sono stati rimossi dagli scaffali. È l’ennesimo tassello di una “politica” integralista che mira non solo a escludere le donne dall’istruzione, ma a cancellare la loro voce e la loro identità dalla storia stessa del sapere. Una dinamica confermata anche dai freddi numeri. In Afghanistan, in quattro anni di regime il tasso di alfabetizzazione femminile è precipitato sotto il 30 % (dati Unesco, 2025). Oggi questo Paese si distingue tragicamente come l’unico al mondo in cui l’istruzione secondaria e superiore è severamente vietata a ragazze e donne. Sono quasi 2,2 milioni oramai quelle escluse dalla scuola oltre il livello primario. Inoltre, gli ultimi dati pubblicati dall’Ocha, l’agenzia Onu per il coordinamento degli Affari umanitari, indicano che anche le iscrizioni alla scuola primaria sono diminuite da 6,8 milioni nel 2019 a 5,7 milioni nel 2022. Dietro questi divieti simbolici, ma concreti e violentissimi, si cela una logica che non appartiene solo all’Afghanistan talebano. La negazione dei diritti fondamentali di bambini e donne, come vedremo, pur espressa con linguaggi diversi, risulta essere il fondamento di ogni sistema patriarcale e teocratico. Essa persiste, con forme e linguaggi differenti, anche nei sistemi democratici occidentali, a riprova del fatto che la mentalità patriarcale e religiosa non è stata rifiutata né eradicata fino in fondo nemmeno nelle società più “evolute”.
Violenze della fedeAttraverso la circoncisione rituale nei Paesi mediorientali di tradizione islamica ed ebraica, il battesimo imposto nelle società a forte presenza cristiana, e fino alla mutilazione genitale femminile praticata in almeno 30 Paesi in Africa, Medio Oriente e Asia, una violazione dell’integrità fisica e psichica viene colpisce bambine e bambini sin dalla nascita dai loro adulti di riferimento nel nome di una fede, per “certificare” l’appartenenza a una comunità. Secondo l’Oms, più di 200 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali; l’Unicef e ActionAid denunciano che ogni anno oltre tre milioni di bambine sotto i 15 anni rischiano di esserne vittime e ci sono dei Paesi in cui oltre l’80% delle mutilazioni vengono praticate quando le bambine hanno massimo quattro anni. L’Oms riconosce nella circoncisione maschile non terapeutica un atto privo di consenso e potenzialmente lesivo, anche se praticato in condizioni mediche. In tutti questi casi, il corpo dei neonati, dei bambini e delle bambine diventa per il mondo adulto, quello maschile in particolare, un supporto simbolico su cui incidere l’appartenenza, la discendenza. Un certificato di proprietà marchiato nella carne come fossero bestiame. È la stessa logica che attraversa il battesimo. Un neonato, incapace di opporre fisicamente resistenza e di esprimere verbalmente il proprio dissenso, viene dichiarato appartenente a un sistema di credenze che non conosce. In questo continuum, c’è la radice di ogni violenza rappresentata dalla negazione del diritto all’autodeterminazione.
Infanzia negata: 272 milioni di bambini senza scuola
La limitazione sistematica di diritti prosegue anche negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Essa si manifesta in varie forme, dal mancato accesso alla scuola al lavoro minorile. Per effetto combinato di crescita demografica, conflitti prolungati e crisi economiche l’Unesco ha calcolato che nel 2023 nel mondo erano ben 272 milioni gli “out of school” di età 6-18 anni. Inquietante è Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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