Giorgia Meloni ha scelto l’assenza per l’assemblea dell’Anci a Bologna. Ha mandato un messaggio registrato, come si fa quando le parole rischiano di essere fischiate. «Per la prima volta dopo molti anni non ci sono nuovi tagli», ha detto. È vero: non nuovi, semplicemente vecchi e ancora attivi. La manovra dell’anno scorso ha sottratto ai Comuni 2,8 miliardi fino al 2029. Una magia contabile: i tagli ci sono, ma non si vedono.
I sindaci, da Modena a Napoli, hanno replicato con i bilanci alla mano. Gaetano Manfredi ha ricordato che la capacità operativa dei Comuni si è ridotta di due miliardi e che il rinnovo del contratto dei lavoratori degli enti locali costerà un miliardo e mezzo, coperto solo per un decimo. Matteo Lepore ha denunciato che finiti i fondi Pnrr non ci sarà un euro per mantenere metropolitane e tram. Intanto il governo prevede che la spesa militare salga fino al 5% del Pil entro il 2035.
Meloni si vanta di aver alzato a 250 milioni il fondo per i minori affidati e di aver reso stabile quello per i centri estivi, ma dimentica di dire che il fondo per la morosità incolpevole non esiste più e che il piano casa resta una promessa senza fondi. Persino il presidente Mattarella, con la sua consueta misura, ha ricordato che la casa è «basilare per incoraggiare le nuove famiglie e i giovani studenti».
Meloni dice di “difendere i Comuni”, ma li lascia senza risorse per i servizi e con le spese scaricate sui cittadini. È la solita alchimia del governo: rivendicare ciò che si taglia, smentire ciò che si fa, e chiamarlo patriottismo contabile.
Buon giovedì.




