Nel libro I bambini e la musica tre esperti - una psicologa dell’età evolutiva, un musicista e uno psichiatra - raccontano perché l’arte dei suoni è un linguaggio originario a cui si legano l’emotività, le relazioni e la crescita dei bambini molto più di quanto immaginiamo

I bambini e la musica è un libro importante che restituisce alla musica e al rapporto col suono, il ruolo centrale che ha nella vita anche di noi adulti e che spesso viene sottovalutato. In occasione della presentazione a Più libri più liberi parliamo con gli autori di questo secondo volume della collana Infanzia felice, de L’asino d’oro edizioni: Giulia Spurio psicologa dell’età evolutiva, Tullio Visioli, docente e musicista e Alessandro Mazzetta, psichiatra e musicista.

Giulia, il libro si apre con un’immagine affascinante: quella del neonato che esplora il mondo attraverso i suoni. Prima ancora di vedere nitidamente, il bambino sente i suoni intorno a sé in maniera definita... In che modo la voce dell’adulto diventa il suo primo punto di riferimento e di orientamento emotivo? 

L’essere umano alla nascita ha la capacità di sentire nitidamente i suoni che lo circondano, mentre invece per riuscire a vedere chiaramente è necessario attendere qualche mese. Il suono diventa quindi il mezzo principale con cui il neonato entra in contatto con l’esterno ma anche con i rapporti fondamentali: la mamma e il papà. Sin dalla nascita il bimbo riesce a distinguere nettamente la voce dei genitori, della mamma in primis, entrando subito in rapporto profondo con loro grazie al suono che diventa internamente immagine affettiva e quindi di rapporto. È importante ricordare che il suono ci premette di fare rapporto anche a distanza; il neonato che è nella sua culletta e comincia a richiamare l’attenzione del genitore si tranquillizza non appena sente la voce di chi in quel momento si sta prendendo cura di lui. Proprio

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