Tutto fa pensare che, proprio perché il mondo è ormai ineludibilmente multipolare dal punto di vista economico, gli Stati Uniti, avendo perso il primato, vogliono fare in modo di restare l’unica e dominante super-potenza militare

In un suo articolo sul Corriere del 10 dicembre, Carlo Rovelli plaude alla svolta americana come viene prefigurata nella National Security Strategy (Nss) resa pubblica nei giorni scorsi come ad «un raggio di luce nel buio dell’attuale situazione politica internazionale». La svolta, secondo Rovelli, sarebbe che gli Usa riconoscerebbero che era stato un errore sostenere che il mondo dovesse essere da loro guidato.

Più di metà del Pil mondiale proviene oggi da Paesi che non fanno parte dell’Occidente. Anche se non vi è un’altra evidente “superpotenza”, il mondo è oggi multipolare. Non so però quanto sia vero che la Nss riconosca questa multipolarità, accettandola, come afferma Rovelli. E non è chiaro neppure che l’alternativa sia per l’Occidente difendere il suo dominio globale– come questo avrebbe fatto finora, a partire dagli stessi Usa – con guerre ininterrotte. Accettare che il mondo sia multipolare dal punto di vista economico non significa accettare, automaticamente, che lo sia anche dal punto di vista militare e dell’influenza globale. Tutto, invece, fa pensare che, proprio perché il mondo è ormai ineludibilmente multipolare dal punto di vista economico, gli Stati Uniti, avendo perso il primato, vogliono fare in modo di restare l’unica e dominante super-potenza militare.

Tutto il resto, nell’articolo di Rovelli, torna, a partire dalle giustificazioni che gli Europei – e i loro diretti “eredi” come Stati Uniti e Canada – hanno dato del loro predominio in nome del “progresso” e, più di recente, della “democrazia”. «Il ri-bilanciamento economico è già avvenuto», dice Rovelli, «e l’Occidente è a un bivio storico: scatenare l’inferno per cercare di preservare ancora per un po’ il dominio militare e politico sul mondo. Oppure accettare il multilateralismo, le legittime aspirazioni di vastissime aree del pianeta a seguire la loro strada, culturale e politica, senza piegarsi al volere occidentale». Ma siamo sicuri che Trump e gli Usa si stanno muovendo in quella direzione, addirittura «capaci di guardare un po’ più in là del loro naso»?

Tanto per cominciare, Trump sta facendo il cow-boy con il Venezuela – anzi, meglio, il pirata – mentre “compra” le elezioni in Honduras e Argentina (a caro prezzo, di cui gli stanno rendendo conto a casa sua). Il prossimo nel mirino sembra essere l’Ecuador di Petro. E perché? Perché vuole il dominio assoluto – militare e politico, ma anche economico – sul continente americano, secondo una tutta sua dottrina Monroe rivisitata. In secondo luogo, gli Stati Uniti, e con loro gli Europei, si erano sempre fatti paladini del diritto internazionale, arrivando ad affermare che, se c’era qualcosa di cui si macchiavano le autocrazie non poteva che essere illegale e contro i diritti umani, mentre le democrazie, per definizione, non potevano che agire nel bene e per il bene. Ma essi hanno “reinterpretato” quel diritto, prima andando a mettere il naso in casa d’altri – in Serbia (Kosovo), in Iraq, in Libia, in Siria – come in Ucraina (in cui dal 2004 hanno pescato nel torbido, solo per portarla dalla parte della Nato) e chiudendo entrambi gli occhi di fronte alle violazioni di quello stesso diritto internazionale da parte di Israele fin dalla sua nascita. Da sempre – e soprattutto da quando è finita la guerra fredda – gli Usa hanno agito per affermare il proprio dominio. E proprio ora che quello economico viene meno, va rafforzato quello militare, avendo in mente di mettere in riga la Cina e i suoi eventuali alleati.

Lo scenario internazionale sta cambiando. Gli Usa vogliono giocare la partita da soli, l’isolazionismo gli serve a quello. Magari facendosi amiche le autocrazie che possono essere utili, come quella russa, liberandosi del peso del sostegno alla Ue (e incentivando, invece, i rapporti bilaterali con i paesi europei), per poi concentrarsi sulla propria supremazia militare sul mondo. E l’economia, in questo, può servire a fiaccare nemici e “amici” (mettendoli in ginocchio per renderli più mansueti), nella convinzione che dove non arriva il soldo arriva il fucile. È una vera strategia da super-potenza solitaria e suprema, altro che multilateralismo.

Certo, «L’Europa non ha bisogno degli Stati Uniti. Non ha bisogno di armarsi, tanto meno al livello folle del 5% dei Pil, quando quasi nessuno nel mondo spende a questo livelli». Certo, «l’Europa non ha ragione di avere paura della Russia», né «ha necessità di ‘punire’ la Russia e sentirsi l’arbitro del mondo», come afferma Rovelli. Si dia da fare per far valere le istituzioni internazionali – e quindi agisca su Israele – e si troverà «alleata a tre quarti del mondo». «L’Europa si adoperi per affrontare in maniera multilaterale, assieme, i problemi veri dell’umanità». Ma non perché anche Trump sia di quell’avviso: non lo è affatto, e farà di tutto per affermare la supremazia Usa (e negli Usa, dei “veri” americani). Certo, «è un’opportunità», per l’Europa, ma sono le destre di tutti i Paesi a non volerlo, perché – come Trump – vogliono un mondo dove a dominare sia il suprematismo bianco (e occidentale).

in apertura disegno di Marilena Nardi