«Se L’Europa avesse un sussulto di orgoglio e di dignità, se credesse davvero a quei principi universali di cui si fa vanto, allora non dovrebbe perdere un attimo in più e compiere un atto riparatorio che sarebbe dovuto accadere già da tempo: riconoscere lo Stato palestinese. Per farlo non c’è bisogno del “permesso” d’Israele». A parlare è Mairead Corrigan Maguire, premio Nobel per la pace nel 1976.
Nata a Belfast da famiglia cattolica, 70 anni, Maguire, decise di dedicarsi alla pace nel suo Paese dopo che i tre figli della sorella furono investiti e uccisi da un’auto di cui aveva perso il controllo un membro dell’esercito repubblicano irlandese, colpito poco prima a morte da un soldato inglese. A seguito di quella tragedia la sorella si tolse la vita e Mairead fondò con Betty William, con cui ha condiviso il Nobel, il movimento “Donne per la pace”. Nell’aprile del 2007, mentre partecipava a una manifestazione contro la costruzione del “Muro” in Cisgiordania, Mairead fu ferita da un proiettile sparato da un soldato israeliano.
Maguire è fondatrice dell’Iniziativa delle donne Nobel e membro della Rete Transcend per la pace, lo sviluppo e l’ambiente. Nel vivo della terza guerra di Gaza, Maguire è stata tra i firmatari, assieme agli altri Nobel Desmond Tutu, Jody Williams e Rigoberta Menchú, di una lettera aperta per esigere che l’Onu e i governi del mondo imponessero «un embargo militare totale e giuridicamente vincolante verso Israele, simile a quello imposto al Sud Africa durante l’apartheid. La compravendita di armi e i progetti congiunti di ricerca militare con Israele incoraggiano l’impunità israeliana nel commettere gravi violazioni del diritto internazionale e facilitano il radicamento del sistema israeliano di occupazione, colonizzazione e negazione sistematica dei diritti dei palestinesi».
La lettera sottolineava il ruolo dell’Europa nell’armare Israele. Non solo i Paesi europei, tra i quali l’Italia, «hanno esportato in Israele miliardi di euro in armi», ma l’Unione europea ha anche «concesso alle imprese militari e alle università israeliane fondi per la ricerca militare del valore di centinaia di milioni di euro», sostenendo così lo sviluppo della tecnologia militare israeliana che viene «commercializzata quale “collaudata sul campo” ed esportata in tutto il mondo». «A questa Europa complice – dice a Left la Nobel per la Pace – vorremmo sostituire un’Europa che sappia coniugare pace e giustizia. Un’Europa che riconosca finalmente il diritto dei palestinesi a vivere da donne e uomini liberi in un loro Stato».
Lei ha più volte visitato la Palestina, in particolare la Striscia di Gaza. Qual è la realtà che ha vissuto personalmente?
Una realtà terribile, agghiacciante, angosciante. Una cosa voglio dirla chiara e forte: non c’è nulla di più illegale e immorale della punizione collettiva che viene applicata contro la popolazione palestinese ogni giorno e in maniera indiscriminata dalle autorità israeliane.
Israele ribatte che Gaza è in mano di Hamas e che con il blocco della Striscia lo Stato ebraico sta esercitando il suo diritto all’autodifesa.
Il diritto all’autodifesa non consente di aver trasformato Gaza in una prigione dove 1.700mila persone, in maggioranza minorenni, vivono e muoiono in condizioni estreme, dove la maggioranza dei bambini è malnutrita, dove manca tutto, dai medicinali ai generali alimentari. A Gaza, da anni ormai, si sta facendo scempio dei più elementari diritti dell’uomo. Cosa c’entra il diritto di difesa, evocato da Israele, con la distruzione delle scuole dell’Onu, con quartieri ridotti a un cumulo di macerie! Cosa c’entra con il diritto alla sicurezza la realizzazione di un regime di apartheid in Cisgiordania, con la “pulizia etnica” praticata a Gerusalemme Est ai danni della popolazione araba? Tutto questo non si chiama “difesa”. Si chiama “oppressione”. E della peggior specie. Lanciare bombe, centinaia di tonnellate di bombe, contro civili disarmati, molti dei quali donne e bambini, distruggere moschee, ospedali e case, e devastare le infrastrutture di Gaza è illegale e costituisce crimine di guerra. Non smetterò mai di denunciarlo: la punizione collettiva contro una comunità di civili, da parte del governo israeliano, viola la Convenzione di Ginevra, è illegale, è un crimine e contro l’umanità. Non c’è diritto di difesa che possa giustificare questo scempio. Chi è responsabile di questi crimini non dovrebbe impartire lezioni di legalità o addirittura accusare di sabotare la pace il premier svedese, “colpevole” di aver riconosciuto lo Stato palestinese! Chi è responsabile di crimini come quelli commessi a Gaza dovrebbe risponderne davanti alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja!