Tra il 2011 e il luglio del 2012 il mondo era convinto che l’euro sarebbe crollato. Poi, a sorpresa, Mario Draghi pronunciò da Londra alcune fatidiche parole: «La Bce farà tutto ciò che è necessario per preservare la moneta unica». I mercati non capirono immediatamente, ma pochi giorni dopo Draghi presentò il programma Omt, che consiste nell’acquisto “illimitato” dei titoli di Stato dei Paesi colpiti dalla speculazione, sia pure sotto determinate condizioni.
Da allora gli spread dei Paesi periferici si sono notevolmente ridotti. Eppure, Draghi non ha mai attivato gli Omt, sui quali, peraltro, si attende il giudizio della Corte di Giustizia europea in merito al ricorso della Bundesbank. Gli è bastato dire che la Bce si comporterà come un prestatore di ultima istanza per tranquillizzare i mercati.
Non è il primo caso in cui accade qualcosa del genere. Nel 1964 la lira rischiava di uscire dal sistema di Bretton Woods, ma l’allora governatore della Banca d’Italia Guido Carli ottenne un ingente prestito dagli Stati Uniti e la speculazione si fermò in pochi giorni. Al contrario, nel 1992 la Bundesbank negò l’assistenza monetaria all’Italia e la lira dovette uscire dallo Sme. Questi episodi sono utili a capire cosa avverrà in futuro.
L’euro resta in pericolo, soprattutto a causa della deflazione, che rischia di mandare a gambe all’aria il sistema bancario. Se questa tendenza non verrà invertita, il rischio che i mercati testino le parole di Draghi è molto alto. Ormai lo scontro tra il presidente della Bce e la Bundesbank è arrivato al limite e lo stesso Draghi ha fatto intendere, nell’ultima audizione al Parlamento Europeo, che potrebbe iniziare a comprare titoli di Stato nell’ambito del Quantitative Easing, al fine di preservare l’Unione monetaria e ripristinare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria.
Un intervento al limite dei trattati, ma il primo dovere assegnato alla Bce è proprio quello di tenere in piedi la moneta unica. Draghi potrebbe quindi trovarsi davanti alla scelta tra rischiare di violare la lettera dei trattati o lasciare che l’euro crolli. Ma così violerebbe comunque i suoi doveri di banchiere centrale. È su questo filo di rasoio, con una Bundesbank per ora isolata ma combattiva, che si giocherà il futuro dell’euro.
Purtroppo salvare la moneta unica non basta a salvare l’economia, il lavoro e il benessere degli europei. Per quello la politica monetaria può far poco. Sono i governi che devono decidere di violare anche essi la lettera dei trattati, o modificarli, per salvare l’Unione europea.